24 dicembre 2009

TUTTA QUESTIONE DI FORTUNA

Giorni fa parlavo con un importante produttore che conosco e di cui non farò il nome (non è quello in foto) di com'è importante lavorare sodo per ottenere quello che vuoi.

Poi a un certo punto mi dice (cito testualmente) "All'inizio della mia carriera ho avuto un gran culo, e senza quella botta ora non sarei qui. Sono stato fortunato, e non mi vergogno ad ammetterlo".

Mi sconvolge il pensiero che una gran parte della nostra vita sia affidata alla fortuna, e che dopo aver lavorato tanto, quando cerchi di realizzare un tuo progetto arriva un momento in cui tutto quello che puoi fare è aspettare una risposta, e sarà solo il Destino a decidere se sarai un uomo di successo o uno che ha fallito, a prescindere da quanto sei davvero bravo in quello che fai.

Ora sento di avere più rispetto verso chi non ce l'ha fatta.

21 novembre 2009

MA CHI E' A FAVORE DELLA VIVISEZIONE?

Giorni fa ho visto delle foto di esperimenti sugli animali, tra cui una simile a quella che pubblico, di un gatto con una scatolina attaccata al cervello.

Abominevole, e allucinante tutta questa crudeltà senza senso.
Ma oggi ho comperato un biglietto, e il ragazzo che me l'ha venduto era senza un'orecchio.
Dalla parte monca, tra i capelli, gli spuntava una scatolina come quella sul gatto.

Immaginando a cosa possono servire gli esperimenti, tutta questa crudeltà mi sembra meno abominevole.

MERAVIGLIE DELL'INGLESE

Londra, sono in aeroporto, vicino alle navette che portano in città.

Un ragazzo italiano si avvicina a un autista e gli chiede
Io perdono il mio passaporto. Dove lasciapassare? [I... come si dice... forgive my...? Passport. Where... pass?].

Che nelle sue intenzioni vorrebbe dire
Ho dimenticato di fare il biglietto, ogni quanto passa questo autobus?

Incredibilmente, l'autista gli risponde
Ogni 15 minuti.

Morale della storia: per comunicare non serve un buon livello di inglese, neanche discreto, e a quanto pare nemmeno embrionale.

Mentre in italiano siamo abituati a fare attenzione a ogni parola, per capire l'inglese è più importante sviluppare un sesto senso carpendo parole chiave o leggendo gli input che ci dà la situazione. Ciò viene con l'esperienza e l'esercizio, quindi l'unico modo per imparare l'inglese è buttarsi senza vergogna.

In particolare in questa situazione l'autista dell'autobus ha visto
1 - Un turista appena arrivato, con le valige, che evidentemente doveva andare in città.
2 - Il turista ha domandato qualcosa a cui l'autista doveva saper rispondere.

Cos'altro avrebbe potuto chiedergli?

P.S. per gli educatori: Formare degli intellettuali con una preparazione culturale lontana dalla vita reale forgia dei cretini agli occhi del Mondo.

LONDRA COME FACEBOOK

Giorni fa ho incontrato a Londra un amico spagnolo che non vedevo da 12 anni.

Avete mai notato come prima o poi tutti passino da questa città, e il modo più facile per incontrare amici lontani sia darsi appuntamento qui?

Londra è diventata il corrispettivo non digitale di Facebook.


08 novembre 2009

VOLLI, SEMPRE VOLLI, FORTISSIMAMENTE VOLLI FARE UN FILM


Qualche giorno fa sono stato invitato come esperto in produzione cinematografica alla conferenza stampa sul nuovo film di Franco Tibaldi e Rita Barbero, Ritorno a Santa Vittoria.

Si tratta di un film low budget, eppure, nonostante i pochi soldi a disposizione, è impressionante il livello di organizzazione e professionalità che hanno, tanto da riempire una sala stampa di autorità locali e giornalisti, e da uscire in diversi cinema contemporaneamente.
Il tutto non gestito da accordi e preaccordi commerciali, ma dal coinvolgimento della popolazione locale, entusiasmo e amicizia.

I problemi di chi cerca 10 milioni di dollari sono più o meno uguali a chi ne cerca 10 mila: entrambi hanno un disperato bisogno di soldi.
Eppure chi lavora a un progetto a grande budget deve avere tutto organizzato perfettamente, mentre chi ha un piccolo budget da trovare può permettersi di essere incosciente, di dire Beh, cominciamo, e in qualche modo faremo.
Una mentalità di cui mentre aspettavo di fare il mio intervento mi accorgevo di sentire la mancanza.

C’è un detto in inglese: To miss the forest for a tree [Per guardare un albero non accorgersi della foresta], e forse è proprio quello che succede a noi filmmakers quando ci impegnamo in un progetto per cui non bastano più solo le nostre forze. Siamo così indaffarati a procurarci tutto il budget che ci serve, a chiudere gli accordi con gli attori, a cercare di non farci distruggere dalle banche e a lottare con i distributori perché rispettino l’accordo e proiettino il nostro film che dimentichiamo il motivo per cui perdiamo la salute in tutto questo, e cioé che fare un film è divertente.

04 novembre 2009

SCREEN CAPTURE SOFTWARE

Vi segnalo il software SnapIT Screen Capture, utile per quelli di voi che devono fare fotografie di oggetti sul proprio schermo, senza dover perdere tempo a tagliarli.

Per maggiori informazioni potete consultare il link Screen Capture Software.

17 ottobre 2009

CONOSCERE L'INGLESE


Ultimamente mi hanno contattato per un lavoro nella pubblicità.

L'incaricata mi ha chiesto:

"Può dimostrare di avere una buona lingua inglese?"

Beh. Direi di sì.

12 ottobre 2009

LA SVOLTA INTELLETTUALE DI TARANTINO

Quello che mi dà più da pensare in Bastardi Senza Gloria è che in molti abbiano accusato Quentin Tarantino di revisionismo storico, cioè accordano attendibilità a una storia di soldati ebrei che uccidono nazisti prendendo loro lo scalpo e che fanno finire la II Guerra Mondiale uccidendo Hitler e i capi nazisti in un cinema.

Questo mi ricorda un fumetto degli anni 40 in cui Superman catturava Mussolini e Hitler e li portava in prigione, eppure non credo che qualcuno abbia mai pensato che possa essere successo davvero.

Quindi a un certo punto della sua carriera, tra bagni di sangue al cinema e pubblici elogi a Lino Banfi e le commedie all'italiana degli anni 80, Tarantino è diventato così importante da essere considerato una voce autorevole nella storia, tanto da far dichiarare pubblicamente a storici israeliani che boicotteranno il suo film.

Ma com'è Bastardi Senza Gloria? Tra i suoi film è quello che mi è piaciuto di meno, e io sono tra i pochi che hanno amato anche Jackie Brown e A Prova di Morte.
E' una bella storia, gli attori recitano bene, belle musiche, eppure non ha l'appeal delle altre sue opere, e il trailer è più coinvolgente del film.

Credo che il motivo stia nel fatto che i personaggi che ci sono simpatici vengono sistematicamente fatti fuori in modo vile, senza gloria, appunto.

Per esempio, a film cominciato da poco i Bastardi catturano una squadra di soldati nazisti, e Brad Pitt chiede al loro comandante di fare la spia sulla posizione di un'altra squadra di nazisti nelle vicinanze in cambio della vita. L'uomo, decorato al valore, "Rispettosamente rifiuta", andando così eroicamente incontro alla morte. Arriva uno dei Bastardi e gli fracassa la testa con una mazza da baseball.

Non si può provare simpatia per questa squadra, e dopo aver fondato il proprio successo sulla figura dell'antieroe, e cioè del criminale protagonista del film in cui ci identifichiamo e per cui parteggiamo anche se ruba gioielli (Le Iene), uccide ragazzini (Pulp Fiction), evade il fisco (Jackie Brown), uccide il padre della propria figlia (Kill Bill) e ragazze innocenti (A Prova di Morte), Tarantino inventa una nuova figura a cui proprio non ci si può affezionare: quella dell'anti antieroe, un personaggio che questa volta sulla carta appartiene ai buoni, ma che in realtà è più cattivo dei cattivi.

Ma ciò detto, ho l'impressione che sia ancora una volta un film che farà storia e darà origine a un nuovo filone, di film di guerra pulp.
E tra qualche anno sono sicuro che ci sarà qualche intellettuale che parlerà del Nazismo come metafora dell'omosessualità latente di Tarantino.


11 ottobre 2009

NON SONO CATTIVA, E' CHE MI DISEGNANO COSI'


Ultimamente ho conosciuto un produttore di Hollywood il cui vicino di casa è Keanu Reeves, che mi ha detto essere una delle persone più gentili che conosce, e non diresti mai che in realtà è uno dei nomi più grandi del cinema americano.
Così gli ho detto la mia impressione: ho conosciuto diverse persone del cinema, e sono sempre state tutte gentili con me.

Questo mondo non è brutto come lo dipingono, e credo sia perché tutti loro sanno quanto è difficile fare un film, quindi in generale sono aperti e disponibili a scambiare nuove idee, o raccontare la loro storia, o interessati a future collaborazioni.
E soprattutto, loro sanno che non c'è tutto il denaro a cui di solito la gente pensa: è vero che parliamo di progetti che costano milioni, ma quando inizi a togliere dal budget gli stipendi per gli attori e i tecnici, le spese, la parte per i distributori, la pubblicità e quello che devi dare ai tuoi investitori ciò che rimane di solito è davvero poco.

Lui era d'accordo con me: quelli che in questo settore sono davvero cattivi sono quelli che non appartengono davvero a questo settore, gli agenti, gli avvocati e soprattutto gli investitori.

La maggior parte degli investitori pensa di mettere nel tuo progetto 100 e ricavarne un milione, e che se finanziano una (piccola) parte del tuo film diventa una cosa loro. Chiedono di cambiare la sceneggiatura, fare pubblicità ai loro prodotti, dare un ruolo da attore ai loro amici e alle fidanzate o vogliono usare il tuo film per lavare il denaro che hanno guadagnato in modi misteriosi e di cui non possono essere fieri.

Così ti trovi di fronte a scelte difficili: da una parte vuoi realizzare un film che costa un'enormità e non puoi fare da solo. Dall'altra accettare la loro offerta potrebbe significare distruggere il tuo film e anche te stesso.
Quindi passi la maggior parte del tuo tempo a cercare denaro, e quando trovi qualcuno interessato, nella maggior parte dei casi devi rifiutare la sua offerta.

Questo mi ha fatto pensare a Jessica Rabbit come una metafora del mondo del cinema, e la sua famosa frase come uno slogan che chi lavora in quest'industria dovrebbe usare per presentarsi al Mondo:

"Non sono cattivo, è che mi disegnano così".


10 ottobre 2009

VODAFONE SPELLA GLI ITALIANI


Sto pensando di cambiare telefonino e prendere un Blackberry, così posso navigare mentre sono in giro per lavoro senza dovermi cercare un computer.
Però il mio problema è che sono spesso all'estero: se sono in Italia mi partono un sacco di soldi per chiamare l'Inghilterra, e viceversa.

Così, visto che Vodafone è uno dei pochi operatori a essere in tutti e 2 i posti, vado prima sul sito italiano, poi su quello inglese per vedere se c'è qualche offerta per chi si sposta come me.

E udite udite, scopro che a parità di servizi c'è una differenza incredibile di prezzi.
E secondo voi chi è la più cara?

Sottoscrivere un abbonamento mensile da 25 euro (o sterline, che ora sono praticamente alla pari), con internet ed SMS illimitati e un Blackberry 8520 in comodato d'uso in Inghilterra costa 25 sterline, in Italia 149,16 euro.
Con la differenza che in Inghilterra ti danno anche 300 minuti di conversazioni gratis, mentre in Italia solo 200.
Nella tabella sopra ho riportato il dettaglio.

Ma è possibile che nessuno dica niente?


07 ottobre 2009

UN PRODUTTORE CHE SI FA VOLERE BENE

Sono a Cannes per il MIP, ieri sera ero in un ristorante che serve un piatto di risotto a 37 Euro, in una cena gentilmente offerta da Salvatore Biscozzi, presidente di Kenton & Miles.
Stavo parlando con Emilio Ferrari, un produttore di Hollywood che ammiro, che mi raccontava le sue esperienze con la distribuzione in Italia.

Mi ha detto che una volta c'era Cecchi Gori (o come l'ha chiamato lui Cecci Gori) che comperava e distribuiva i suoi film, lavorava onestamente e bene, ed Emilio sapeva di poter contare su di lui. Da alcuni anni invece ha lasciato perdere l'Italia perché è un grande casino di gente che finge di essere quello che non è.
Poi mi ha raccontato qualche aneddoto che riguarda lui e Cecchi Gori, e ha concluso dicendo Mi manca.

Le sue parole mi hanno colpito molto. Il mondo del cinema non è sporco come lo dipingono, ma è vero che i rapporti sono sempre veloci: conosci tante persone, ma è una conoscenza superficiale.
Invece Cecchi Gori è una persona che si sa far volere bene, e lascia il segno negli altri.
I suoi film hanno segnato la mia infanzia, e manca anche a me.

Torni presto, Presidente!

03 ottobre 2009

IL BAR DELLA FAMIGLIA ADDAMS

Qualche giorno fa ho incontrato l'attrice Elizabeth Cooper, che ultimamente ha aperto un bar molto speciale e per questo si è meritata 4 pagine sul giornale locale.

Pur essendo a Londra, il bar è vicino a Westcombe Park Station, in un posto che sembra un altro mondo, così nascosto che persino molta della gente che ci abita non sa che c'è un parco lì.
Dopo mezz'ora di ricerca disperata, una donna mi mostra l'entrata, e mi dice che è vissuta 2 anni lì prima di trovare il parco.
Poi vedo Elizabeth che prende un the con un cliente e il suo cane, in una calma che non ho mai visto a Londra.

Mi mostra questo incredibile posto eco sostenibile: sul tetto ha dei pannelli solari che le permettono di avere energia elettrica in modo indipendente e fiori per attirare le api, e ai muri ha pannelli su cui sta crescendo l'edera.
"In primavera il bar sarà tutto verde", mi dice.

Ammirando il posto e tutti i suoi sforzi per renderlo qualcosa di unico, le chiedo:
- Non è un cimitero quello davanti al tuo bar?
- Oh, sì! - mi risponde lei con entusiasmo, e mi porta a vederlo.
Mi presenta alcuni dei suoi amici (soldati morti in vecchie guerre), e mi mostra il suo posto segreto in cui va quando vuole stare da sola o leggere: una piccola porzione di terreno tra le tombe, coperta dai salici piangenti.

Mi chiede cosa io pensi di tutto questo, e io le domando "Cosa succederà alla tua carriera di attrice?".

Mi dice che pensa di metterla da parte per un anno, far decollare il suo bar e poi tornare sulle scene.
Mi spiega che ha fatto l'attrice negli ultimi 10 anni, sempre di corsa per andare ai casting e prendere qualunque lavoro, solo per paura della competizione che c'è in questo mestiere: tutti hanno paura di essere dimenticati o di non essere più in grado di pagarsi il mutuo.
Ora vuole costruire qualcosa di importante, che possa fare la differenza.

E anche se una parte di me comincia a darle ragione, un'altra dice:
- Ma un attore ha una carriera molto limitata, e soprattutto per le donne è difficile trovare un lavoro come attrice quando inizi a invecchiare. Un anno è tanto tempo.
Ho detto una cosa ovvia, e lei mi sorride.

Con la calma di chi vuole tranquillizzare un bambino e allo stesso tempo aprirgli gli occhi mi dice:
- I film riflettono la vita vera, e fino a quando nella vita vera ci saranno persone anziane ci sarà sempre un lavoro per gli attori anziani.

E' così bella...


02 ottobre 2009

PUNTI DI VISTA

Oggi ho incontrato una ragazza inglese che tra poco si trasferirà in Italia per lavoro e per questo nell'ultimo anno ha studiato italiano in modo intensivo.

Abbiamo parlato di lettura in una lingua straniera e le ho chiesto quale fosse per lei la difficoltà più grande nel capire.

Mi ha risposto L'ordine strano in cui mettete le parole.

30 settembre 2009

UN RACCONTO VOLGARE

Una delle cose che succedono quando sei uno straniero in Inghilterra sono figuracce dovute a doppisensi involontari, di solito inerenti alla sessualita'. Nel mio caso mi e' successo parlando con le persone piu' in alto nella scala gerarchica, quasi sempre donne.
I motivi per cui questo succede credo siano la velocita' dell'inglese e la sua differenza con l'italiano nel modo in cui si strutturano le frasi.

Questo succede spesso quando uno straniero viene qui per fermarsi un periodo medio lungo, e di tanto in tanto continua a succedere anche quando il suo inglese e' ormai buono. Uno dei discorsi preferiti degli stranieri a Londra e' raccontarsi a vicenda le proprie figuracce.

DISCLAIMER: Quello che segue e' il resoconto di un episodio che mi e' appena successo, e contiene della volgarita' che non posso evitare. Quindi se proseguite nella lettura qualcuno potrebbe sentirsi offeso.

C'e' una serie televisiva prodotta dalla BBC che a me piace, e ho deciso che se i DVD non costano tanto li prendo. La serie e' Hustle, e in Italia la trasmettono su La 7.
Vado al punto informazioni e mi accodo. Al computer c'e' un ragazzo palesemente gay.

L'uomo prima di me e' il classico londinese scorbutico, fumatore e grande bevitore di birra che sai gia' ti mandera' affan@@@@ appena il tuo sguardo incrocera' il suo.
Questo tizio chiede al ragazzo un certo DVD, ma non sa il titolo. Il ragazzo tenta diverse combinazioni al computer, ma niente da fare, e l'uomo perde la pazienza, lo accusa di fare finta di non trovare il DVD e urlando se ne va ovviamente mandandolo a fare in @@@@ e dandogli del ricchione.
Questa e' una cosa rara a Londra, dove l'omosessualita' e' trattata con molta piu' disinvoltura rispetto all'Italia, e il ragazzo e' visibilmente arrabbiato e umiliato.
Pochi secondi per farsi forza e poi mi sorride fingendo che va tutto bene.

Io cerco di essere piu' gentile di quanto normalmente sarei, e gli chiedo:
- Hai il DVD, stronzo?
Piu' o meno tra quando finisco la frase e quando monta uno sguardo omicida sulla sua faccia mi rendo conto dell'equivoco, e timidamente gli dico:
- Fo-forse l'ho pronunciato un po' male...

HUSTLE, pronunciato ASSOL, e' il nome della serie TV.
ASSHOLE, pronunciato ASSOL, con la A che tende leggermente a una E, e' offensivo, e bisogna starci attenti.

UN LIBRO DI SUCCESSO CHE NESSUNO PRENDE

Vi e' mai capitato di vedere un libro vecchio in vendita in libreria? Non parlo di qualcosa di seconda mano, ma di uno che viene preso, sfogliato, leggiucchiato e poi sistematicamente messo a posto, senza che qualcuno lo prenda.
Dev'essere l'incubo ricorrente degli scrittori.

Mi trovo in una grossa libreria del centro di Londra, e sono venuto qui perche' vorrei prendere My Life, l'autobiografia dell'ex Presidente Clinton.

E' scritto davvero molto bene, ha un linguaggio chiaro ed e' interessante.

Ha solo un difetto: sono quasi mille pagine fitte, e non credo che riusciro' mai a finirlo. Quindi mi devo accodare a tutti quelli che prima di me l'hanno tirato fuori dallo scaffale, l'hanno apprezzato leggendone qualche pezzo a caso, e poi rispettosamente hanno deciso di rimetterlo nello scaffale.

Mi dispiace Presidente, ma devo passare.


24 settembre 2009

KENTON & MILES AL CANNES FILM FESTIVAL






Ringrazio Kenton & Miles International, e in particolare il suo presidente Salvatore Biscozzi, per aver riportato sulle loro News di Maggio le mie attività a Cannes durante il Festival.

23 settembre 2009

DIO SI PRONUNCIA SUL TESTAMENTO BIOLOGICO

<<IL PRESIDENTE DEI VESCOVI "In politica serve più solidarietà", ha detto. E ha chiesto di approvare una legge sul fine vita in linea con i dettami cattolici>> (City, 22 settembre 2009)

Va bene: e per chi non è cattolico?

MA COSA NON FA RYANAIR PER I SOLDI?

Secondo uno studio americano riportato su City grazie alle leggi antifumo promosse da diversi Stati tra cui l'Italia il rischio di infarti si è abbassato del 36%.

Ma Ryanair (la compagnia col grande merito di aver reso i viaggi in aereo accessibili a tutti e poi famigerata per i metodi creativi per trovare soldi, come mettere le toilettes a pagamento sui suoi voli) ha in programma di invertire questa tendenza vendendo sui propri aerei sigarette che rilasciano nicotina senza bisogno di accenderle.

Ryanair, questi sono soldi sporchi.

10 settembre 2009

LA SOLITA, STUPIDA BUROCRAZIA

Sono appena arrivato in banca, e sono al fondo di una coda lunghissima. Una donna di un'età e con un cane passa davanti a tutti trafelata e dice all'impiegato che il bancomat le ha mangiato la carta, lei è di Milano e sta per partire per la Francia.


Il ragazzo si scusa e tutti noi capiamo. In meno di un minuto il solerte impiegato apre il bancomat e riprende la carta, e la donna lo ringrazia e gli dice che era disperata.

"Tanto non glielo posso dare Signora. Lo devo spedire a Milano".

Dopo molte insistenze di lei, lui dice che deve parlarne con la sua superiore, poi si fa dare dalla donna il numero della sua banca di Milano. Chiama con l'atteggiamento dell'uomo che risolve tutto e chiede se possono mandargli via e-mail l'autorizzazione a restituirle la carta.

Quindi non può restituire alla donna, che avrà sicuramente un documento, la carta su cui è scritto il suo nome, ma se riceve sulla fiducia un'e-mail di qualcuno che sulla fiducia lo autorizza a ridare la carta a una che dice di chiamarsi come il nome sulla carta va tutto bene.

E' passata più di un'ora, sono allo sportello, finisco la mia operazione e me ne vado. La signora, il cui sguardo ormai è perso nel vuoto, sta ancora aspettando. E pensare che tutto si sarebbe potuto risolvere in meno di un minuto.

Questo mi ricorda quando ho impostato il navigatore per andare in un posto al cui indirizzo non si poteva andare in macchina, se non passando da dietro.
Quindi, nonostante a piedi mancassero circa 300 metri, mi indicava un percorso di 8 Km e un pezzo di autostrada, mentre bastava parcheggiare la macchina e fare non più di 30 passi.

Ma almeno il navigatore è una macchina.

Mi spaventa il pensiero che così tante persone del genere condizionino le nostre vite ogni giorno.

09 settembre 2009

DILEMMI ETICI: CHI LI PONE, CHI LI SUBISCE

Apprendo da Radio 24 che un giornalista (mi sembra) iraniano ha scaricato da internet del materiale informativo sulla condizione delle donne musulmane nel mondo. Per questo è stato condannato a morte.
La sentenza è stata poi convertita con grande sdegno da parte degli integralisti in 20’anni di reclusione, che a loro volta si sono trasformati in perdono presidenziale, dato in segreto proprio per non attirare l’attenzione degli stessi integralisti.

Più o meno contemporaneamente una donna (credo) somala è stata condannata a un anno di reclusione o il pagamento di una multa perché aveva indossato i pantaloni.

In entrambi i casi la religione e la politica sono strettamente interconnessi, tanto da essere considerati una cosa sola. La religione, che dovrebbe essere una guida per gli uomini, si arroga il compito di privare le persone della libertà, ponendo dilemmi etici che per la maggior parte degli occidentali sono assurdi.

Il mio primo impulso è di compassione e impotente rabbia verso popoli così arretrati e prigionieri di una classe (religiosa e politica) che decide per loro cosa pensare.

Ma improvvisamente mi rendo conto che non siamo proprio così lontani da loro: anche noi abbiamo una Chiesa che si oppone al progresso scientifico, che stabilisce che un malato terminale deve soffrire fino alla fine, senza la possibilità di una dolce morte, e che fa pressioni sullo Stato italiano perché sia più difficile divorziare.
La Chiesa è addirittura intervenuta in un referendum (sulla fecondazione assistita) facendo propaganda affinché le persone non andassero a votare, e quel referendum è poi stato nullo nonostante un fortissimo apporto dei SI', proprio per la mancanza del quorum).

Nei Paesi islamici identifichiamo i partiti a sfondo musulmano come pericolosi per la libertà, ma anche la Chiesa Cattolica è così insita nel nostro sistema politico da entrare addirittura nei nomi di alcuni partiti.

Sarebbe ora che ci pensassimo...

08 settembre 2009

ALLEGRIA!!!

MIKE BONGIORNO
New York, 26 maggio 1924
Montecarlo, 9 settembre 2009



22 agosto 2009

PUBBLICITA' GRADITA

Prima di tutto non voglio essere frainteso: a me piace la pubblicità, e credo di essere tra i pochi a pensarla così.

Quello a cui di solito le persone non fanno caso è che la pubblicità genera business, quindi benessere a tanti.

Per esempio i volantini dei supermercati che ci troviamo nelle buche: le aziende li stampano per attirare gente, quindi vendere più prodotti, e così danno lavoro a più persone.

Ma allo stesso tempo pagano tasse, danno lavoro alle tipografie e a chi distribuisce la pubblicità.

E per finire noi: grazie a questa pubblicità abbiamo la possibilità di conoscere nuovi prodotti o risparmiare sulla spesa.

Quindi a fronte del piccolo fastidio di ricevere informazioni non richieste esistono molti vantaggi per la società, che cesserebbero senza, e per questo credo sia giusto darci almeno un'occhiata.

Perciò guardo con antipatia le targhe sui condomini come quella in foto, e le sostituirei volentieri con scritte del tipo QUESTO CONDOMINIO E' DISPONIBILE A LEGGERE LA VOSTRA PUBBLICITA', MA CON MODERAZIONE.

Ed è proprio questo il punto: sono tornato a casa dopo meno di 2 settimane di vacanza, e la mia buca era intasata di pubblicità, con una lettera stropicciata che il postino ha timidamente cercato di ficcare, un quantitativo non specificato di lettere che non ci stavano più e chissà che fine hanno fatto e nessuna traccia della rivista a cui sono abbonato.

Quindi mi rivolgo a quelli che spendono per farsi pubblicità, e chiedo loro se pensano davvero che valga la pena servirsi di chi infila selvaggiamente i depliant nelle buche, pensando che il suo lavoro sia tempestare a tappeto, o non sarebbe meglio rivolgersi a persone più intelligenti, che con moderazione infilano la pubblicità dove c'è posto e non dà fastidio, lasciando stare le buche di chi è palesemente in vacanza e la prima cosa che farà tornando se troverà la buca intasata sarà buttare tutto il contenuto e appiccicare al cancello un cartello di diffida.

26 luglio 2009

RICORDI D’INFANZIA: COMPAGNI DI GIOCO

C’è stato un momento della mia vita in cui ho pensato di essere arrivato, per poi rendermi improvvisamente conto che avevo ancora della strada da fare.
È coinciso con la scuola.

In quel periodo mi sento grande, perché tutti mi dicono che lo sono.

Esco di casa e vado in cortile, dove trovo, con altri più grandi, il mio vicino di pianerottolo, che va nella mia stessa scuola, un anno avanti a me.

Chiedo di poter giocare con loro, ma il mio vicino mi dice che con loro possono giocare solo i bambini grandi.
“Io sono grande!” ribatto io, prendendo in parola tutti quelli che me ne avevano convinto.

“Ah sì?” fa lui “E che classe fai?”
Mani sui fianchi, sorrido e scandisco:
“La prima...!”.

Tutti ridono sguaiatamente, imboccati da lui. Poi lui mi dice:
“Con noi possono giocare solo quelli che fanno almeno la seconda”.

E pensando che persino lui rientra al pelo nei parametri che lui stesso ha stabilito, esco di scena sconfitto.

Per tutto l’anno medito vendetta e spero che mi capiterà un’altra occasione, che arriva più o meno un anno dopo.

Incontro lui e altri in cortile, e cerco di provocare la conversazione di un anno prima. Quindi chiedo di unirmi a giocare con loro.

Distrattamente, lui mi dice di nuovo che con loro possono giocare solo i bambini grandi.
Sorrido tra me:
“Io sono grande”.
“Ah, sì? E che classe fai?” mi chiede ancora, come se non sapesse che sono in quella di fianco alla sua.
Con orgoglio rispondo:
“La seconda...!!”.
Ma lui ride sguaiatamente, e gli altri lo seguono. Poi mi dice:
“Con noi possono giocare solo quelli che fanno almeno la terza!”.

In quel momento ho capito che era una battaglia persa, e una guerra che non valeva la pena di combattere.

Da allora ho giocato da solo, con pupazzi a cui dicevo io cosa fare, e che non si sono mai presi gioco di me.

RICORDI D’INFANZIA: LA GIOSTRA

Uno dei miei primi ricordi da bambino riguarda la mia giostra preferita ai giardini pubblici: un cavallo con una pistola, con cui si potevano colpire gli indiani e i soldati nordisti, che stavano dentro una scatola di vetro e giravano attraverso un piccolo circuito. Quando passavano dietro un monte l’ingranaggio li faceva tornare su, pronti per essere colpiti di nuovo.

Quello era anche stato uno dei più grandi misteri per me fino a quel momento: come faceva la pistola a buttare giù i pupazzi? Non sparava un pallino, non sparava acqua, e tra me e i soldatini c’era uno strato di vetro.
Avevo chiesto spiegazioni ai grandi, e mi era stato detto che la pistola aveva un raggio laser invisibile che passava attraverso il vetro e centrava il soldatino.
Chiaro, e spiegava anche perché nonostante tirassi il grilletto con tutte le mie forze e senza fermarmi, distruggendomi le mani, la pistola sparasse solo ogni tanto, mancando alcuni dei soldatini che io dovevo aver per forza colpito: il raggio laser, mi avevano spiegato ancora, era lento, perché aveva bisogno di tempo per oltrepassare il vetro.

Chiaro anche questo, quindi avevo iniziato a tirare il grilletto prima del tempo, e in effetti riuscivo a buttare giù dei soldatini, anche se pochi altri rimanevano in piedi.

Quello era il periodo in cui da grande avrei voluto fare il cow boy. Ma in me stava maturando una coscienza civica: attraverso i film western scoprivo cosa era successo agli Indiani, ed ero giunto a una delle decisioni più importanti della mia vita fino a quel momento: la prima volta in cui ho cambiato idea su cos’avrei fatto da grande.
Da grande avrei fatto l’indiano.

Così decido di non sparare più agli indiani. Lo so, si tratta solo di pupazzetti, cose insignificanti, ma é una questione di coerenza, e rispetto, anche nelle piccole cose.
E in questo non sono cambiato.

Mio nonno mette la moneta, il cavallo parte e io prendo la mira. Questa volta non sparo in continuazione, ma solo quando è il momento di colpire il mio bersaglio. Il primo è un soldato, gli sparo e va giù. Poi c’è un altro soldato, gli sparo, ma lo manco.
Il terzo è un indiano, e lo lascio stare.
Ma lui va giù.

Mi sento in colpa, forse ho sfiorato il grilletto, quel grilletto che fino a poco prima mi aveva massacrato le dita perché tirava a vuoto.
Mentre sto ancora pensando lascio scappare un soldato, riprendo la concentrazione e sparo a un altro soldato, che dopo un po’ va giù.
Poi arriva un indiano, e questa volta tolgo proprio le mani dalla pistola.
Ma spara, e lui va giù di nuovo.

Finisco la partita senza rendermi conto esattamente di quello che succede: manco dei bersagli che avevo in pugno, mentre colpisco quelli a cui non sparo. Possibile che oggi il laser sia molto più lento del solito?

La sera analizzo la situazione, i pensieri mi attanagliano e non mi lasciano dormire. Ho un’idea, e il giorno dopo io e mio nonno siamo di nuovo alle giostre dei giardini pubblici.
Lui mette la moneta e io cavalco senza toccare la pistola.
Quello che avviene dopo mi lascia incredulo e pieno di rabbia: la pistola spara anche senza che io la tocchi, e soldatini e indiani vanno giù.
Non so ancora contare, ma ora che guardo i soldatini nel loro insieme, e non uno per uno cercando di colpirli, mi accorgo che quelli che vanno giù e quelli che rimangono in piedi sono sempre gli stessi.

Mio nonno è pronto per mettere un’altra moneta, ma finito il giro scendo da cavallo e gli dico “Andiamo”.
La sera lui racconta di come avevo insistito per andare a quella giostra e poi ho fatto solo un giro, rifiutando il secondo, mentre di solito mi doveva portare via con la forza.
A casa mi chiedono spiegazioni e io non ne do.
Mi domando di chi posso fidarmi.

La giostra era truccata, tutti sapevano che non c’era nessun raggio laser, e mi hanno preso in giro perché sono piccolo.

Sono andato su quella giostra solo più una volta, per non far dispiacere mio nonno che insisteva, e ho guardato con compassione gli altri bambini ignari, che continuavano a divertirsi su quel cavallo.

Da allora ho aspettato di diventare grande al più presto, perché i grandi non vengono presi in giro.

INGLESI E LUOGHI COMUNI

Pensiero diffuso vuole che gli Inglesi siano ignoranti e sporchi. Ma è davvero possibile che un intero popolo abbia queste caratteristiche?
Come gli Italiani, ci sono quelli istruiti e quelli ignoranti, quelli puliti e quelli sporchi.

Per esempio una sera di non molto tempo fa ero a casa di un amico inglese. Si stava facendo tardi (le 11.30) e volevo tornare, perché a Londra la metropolitana chiude verso mezzanotte, e il viaggio in autobus fino all’appartamento può durare ore.

Questo amico mi propone di restare e dormire sul suo divano, che è una soluzione diffusa tra chi vive a Londra proprio per questo motivo.
Gli dico che non ho lo spazzolino, ma lui risponde di averne sempre uno per gli ospiti.
Uno spazzolino per gli ospiti, pensate: quanti Italiani hanno quest’attenzione?

Così accetto, e parliamo fino alle 2 di notte.

Al momento di ritirarsi gli chiedo lo spazzolino e lui me ne dà uno che è già con tutti gli altri: lo spazzolino per gli ospiti.

Uno, per tutti quelli che si fermano a dormire.

04 giugno 2009

02 giugno 2009

PICTURES FROM CANNES - FOTO DA CANNES

22 maggio 2009

MA QUALCHE ATTORE L'HAI VISTO?

Certo. Solo che non è così facile rendersene conto, quando non sono in televisione.


Passeggiano e fanno compere sulla Croisette, che è la via principale di Cannes ed è piena di gente, quindi spesso non te ne accorgi neanche, fino a quando un collega al bar ti dice Oh, hai visto Tarantino? Era dalle parti di Dolce e Gabbana [nda: sono l'unico in tutta Cannes che non ha visto Tarantino].
Cammini e a un certo punto incroci uno e pensi Hey, ma non era Rossano Rubicondi quello?
Ci stai ancora pensando e ti passa davanti Dario Ballantini vestito da Valentino.
Poi c'è un'attrice che si sta facendo fotografare, vai, le parli, lei è gentile, ma non ti viene proprio in mente come si chiami, e non puoi chiederglielo, quindi la saluti, e intanto ricordarti come si chiama diventa un chiodo fisso.
Poi vai a un meeting e c'è Stefania Rocca sul divano, ed esclami: Claudia Pandolfi! Ecco come si chiamava!! [nda: in realtà era Valeria Solarino].
E a quel punto è meglio uscire di scena.

E poi sono un professionista accreditato: non posso chiedere agli attori una foto con me, non sarebbe professionale (almeno con quelli italiani).

Quindi sì, ho visto degli attori, sono stato in ascensore con James Gray e ho guardato le tette a sua moglie (clicka qui per la storia completa), ma non è la parte più interessante.

La vera cosa interessante e che nessun giornalista racconta è che è tutto finto, come i decolté che vedo in questi giorni: tutta questa inaccessibilità è in realtà un modo per il Comune di Cannes di far parlare dell'evento, su cui spende un sacco di soldi.
Perché se la gente sapesse che gli attori sono in giro, fanno compere e vanno al ristorante tutto diventerebbe normale, e non se ne parlerebbe più molto, come succede a Los Angeles e Londra.

Cannes è una bella cittadina che vive di turismo e che per 10 giorni all'anno ha i riflettori del Mondo puntati: non può permettersi che un attore copra a piedi e senza disturbare nessuno i circa 200 metri tra l'Hotel Martinez e il Palais.

Allora a una certa ora del pomeriggio la via principale viene transennata, e la polizia inizia a imbottigliare i pedoni.
Improvvisamente non puoi più camminare tranquillamente: vieni bloccato per far passare le macchine nere del Festival, che trasportano i VIP.
I poliziotti obbligano i passanti a schiacciarsi contro le transenne dell'Hotel Martinez (da dove escono le macchine del Festival), e questo fa aumentare la calca, a cui si aggiungono i curiosi attratti dalla concentrazione di gente.
La confusione diventa frenesia di vedere e fotografare qualcuno di conosciuto nelle auto.
Da un balcone dell'albergo si affaccia una ragazza a salutare il Popolo come una dea, e tutti la fotografano entusiasti, anche se è troppo lontana per capire chi sia.

Le macchine nere del Festival hanno la precedenza: tutte adesso, alcune entrano in albergo, alcune escono.

Ma chi ci sarà dentro?
Difficile dirlo, perché i finestrini di quasi tutte le macchine sono oscurati.

Non è strano? In fondo questo evento è incentrato sulla visibilità, che senso ha oscurare i vetri, invece di far vedere bene a tutti i fans questi attori che sono a pochi centimetri da loro?

A meno che...

IL GRANDE SEGRETO DEL FESTIVAL
Mi metto in un punto alla fine delle transenne, abbassato e con il sole in faccia. Una posizione scomoda, ma che mi permette di vedere l'interno dell'abitacolo delle macchine che mi passano lentamente davanti... e sono vuote.

Tutta questa calca di gente gioisce e si ammassa a fare foto a macchine vuote.
Quindi in realtà non ci sono gli attori? No: quelli stanno nelle macchine senza i finestrini oscurati.

E' l'idea dell'inaccessibilità di queste persone a renderle così affascinanti: quello che fino a 10 minuti prima si faceva tranquillamente gli affari suoi a prendersi un gelato in centro adesso è circondato da gorilla messi lì per proteggerlo.
Ma è proprio il Festival che ha inscenato questo bisogno di sicurezza.

E' tutto finto: l'anno scorso stavo facendo la coda per la proiezione di un film, e dietro di me avevo l'attrice di Notte Prima degli Esami Oggi. Solo che non mi ricordavo come si chiamasse e ho fatto finta di niente. Entro nel cinema, mi siedo, davanti a me c'è un maxischermo con quello che sta succedendo fuori ed ecco l'attrice che pochi minuti prima era in coda dietro di me ora sul red carpet a farsi fotografare e improvvisamente inaccessibile.

Ed ecco un'altra notizia: cosa succede se per caso qualche artista, per qualche motivo (per esempio non alloggia al Martinez, o non ha fatto in tempo a tornare all'albergo) si trova già al Palais, ma non ha fatto il suo bagno di folla?

In questo caso c'è un'entrata secondaria che li porta in un'area riservata, dove vengono presi da una delle macchine ufficiali, che fa mezzo giro del Palais (forse 150 metri) e li lascia davanti ai fotografi e alla folla.
Tutti da ammirare, ma non toccare.

20 maggio 2009

LA FINE DELL'INIZIO

A volte è difficile essere uomo e trattenere le emozioni, soprattutto ripensando alla fatica, e che quello potrebbe essere un inferno finito per sempre.Questi siamo io e Charles Fries: il mio distributore americano ed executive producer, con cui oggi ho firmato un accordo di distribuzione mondiale.

D'ora in poi ho tutte le garanzie che servono ai miei investitori e partners, posso prendere i loro soldi e fare il mio film.

Stringendomi la mano, oggi mi ha detto:
"The end of the beginning".

UN'INASPETTATA AVVENTURA

Questa sera sarei dovuto andare alla proiezione di un film a cui mi aveva invitato la regista, ma ho finito tardi e tra cambiarmi e mettermi a posto sono arrivato a proiezione già finita da un pezzo.


Quindi mi faccio una passeggiata: torno in appartamento a piedi, come faccio sempre, perché mi rilassa dopo la tensione di una giornata, anche se è a più di un'ora di strada.

Così sono triste per aver detto alla ragazza che sarei venuto a vedere il suo film e non l'ho fatto, stanco per essere stato tutto il giorno in piedi, con le spalle cadenti per aver scarrozzato una borsa pesante e con i piedi che fanno male perché mi sono messo in tiro e indosso per la prima volta un paio di scarpe nuove.
Tutto questo mi conferisce un'andatura lenta e ciondolante, a giudicare dalla mia ombra piuttosto sexy.
Arrotolo l'invito alla proiezione come una sigaretta e me lo passo tra le dita pensando agli affari miei, e in particolare che ho parlato tutto il giorno, ma non ho nulla da raccontare sul mio blog.

Sono su una lunga super strada che da una parte ha il traffico e dall'altra la ferrovia, seguita da una linea di alberi che copre la spiaggia e poi il mare.
Il posto potrebbe sembrare a prima vista malfamato, ma non ci sono spazi in cui fermarsi, quindi in realtà non c'è mai nessuno (comunque siamo a 1 km da uno dei posti più significativi al mondo per il cinema).

Una cosa mi ha colpito di questo posto: andando giù con lo sguardo spesso ho visto tra gli alberi una piattaforma a cielo aperto con luci psichedeliche e poche persone che ballavano o erano sui divanetti, ma non riuscivo a capire come potessero arrivarci, perché da una parte c'è il mare, dall'altra la ferrovia, ed è troppo lontano dalla città per andarci a piedi.
L'unica via è un ponte stretto che passa sopra la ferrovia: inizia dalla strada e poi scende in una scala a perdita d'occhio, ma ha l'aria di essere abbandonato e l'entrata è sempre stata chiusa da un lucchetto. Fino a stasera.

Da lontano vedo che il piccolo spazio tra il cancello e le scale è pieno, con 3 ragazzi che sembrano dei security che aspettano, illuminati solo da una flebile luce verde che io vedo perché sono a piedi, ma invisibile alle macchine che passano veloci, a meno che uno sappia dove guardare.
Continuo a camminare senza variare il passo, e improvvisamente 2 macchinoni mi passano vicino veloce e parcheggiano sul marciapiede.
Gli autisti scendono e aprono la portiera: dalla prima macchina escono delle ragazze geneticamente modificate per farti cadere la mascella, dalla seconda una ragazza accompagnata, con tanti gioielli che servono gli occhiali da sole.

Appena sono tutti scesi le macchine sgommano via.

Le ragazze della prima macchina mi si piazzano davanti, sul marciapiede stretto, davanti al cancello. Quelli della seconda macchina sono proprio dietro di me.

Metto il foglietto arrotolato in bocca come un sigaro, tenendolo solo coi denti, e aspetto il mio turno per passare, perché è troppo stretto.
Le prime ragazze mostrano l'invito, e poi corrono su per le scale, e arrivate al ponte si girano verso le amiche ancora in fila, forse per fare loro invidia.
Arriva il mio turno e il security mi chiede l'invito. Lo guardo negli occhi, come se avessi mezzo chilo di droga nel sangue e 10 milioni di euro in banca: mi tolgo dalla bocca il rotolino, gli faccio un cenno e glielo lancio in mano, e passo prima che decida se aprirlo e controllarlo o mandarmi solo affan****.

Il festino non è molto diverso da altri che ho visto a Cannes, se non per la segretezza e inaccessibilità del posto. E' appena cominciato, e vedo già diverse ragazze pronte a farsi scannare da qualche attore o chiunque dica di lavorare nel cinema (e io ho il badge da professionista, uaz! uaz!).

E' un po' come essere nel film Eyes Wide Shot.

Comunque 13 minuti dopo lascio la musica e sono di nuovo sulla via di casa, perché ora ho una storia da raccontare, e perché non ho capito niente della vita.

18 maggio 2009

L'ESTASI PRIMA DELLA TEMPESTA

Oggi è trionfo, domani si vedrà.

E' quasi un anno e mezzo che sto lavorando al mio progetto di film: alcune buone notizie, molte speranze infrante, lunghi periodi di frustrazione, e per quanto vicino sembrasse ogni volta il traguardo interveniva sempre qualcosa che all'ultimo momento tirava un calcio a quello che avevo fatto fino ad allora, e bisognava ripartire.

Per quanto un potenziale partner si dicesse interessato, prima di mettere per iscritto il suo interesse pretendeva un mio contratto con un distributore, senza capire quanto assurda era la richiesta, perché chi mai avrebbe fatto un contratto a me che non sono nessuno, quando il film non esiste ancora?

Ma oggi Charles, il mio distributore americano, mi ha dato una bozza di contratto da far vedere al mio avvocato, e se va bene domani firmiamo.

Tengo tra le mani questi 5 fogli scritti in inglese, e che potrebbero significare la realizzazione del mio film.
La bocca vuole sorridere, gli occhi vogliono piangere.
Questi 5 fogli mi sono costati un anno di lavoro.

Domani il mio avvocato inizierà a spaventarmi su quanto questo contratto sia svantaggioso per me, e lo riempirà di grandi X e punti esclamativi.

Ma per questa sera è solo estasi.

17 maggio 2009

UN'ORDINARIA STORIA DI HOLLYWOOD

Oggi ho conosciuto un'attrice brasiliana che è vissuta molto tempo a Hollywood e che per pagarsi le spese per un certo periodo ha fatto la screaming girl [la ragazza che urla prima di essere uccisa] in diversi film dell'orrore a basso budget.

Una sera, mi racconta, è a una festa, e un ragazzo le prende il viso tra le mani e inizia a dirle, esaltato, che lei gli piace tantissimo, che ha visto tutti i suoi film e che vuole assolutamente fare qualcosa con lei.

Le scrive il suo numero su un foglietto e poco dopo lei lo butta, perché lo prende per un maniaco.
Caso vuole che di lì a poco lei parta per il Brasile, in cui per un anno fa una soap opera.

Stufa, torna a Hollywood, e vede il ragazzo della festa in televisione, ora famoso.

Era Quentin Tarantino.

EH, MA SE LE ISTITUZIONI NON SI MUOVONO...!

Qualche giorno fa ho parlato con un regista inglese di documentari. Mi ha spiegato che è un genere che alle giuste condizioni è un affare sicuro, ed è per questo che attrae un grande numero di film makers.

Così oggi ne parlo con una regista italiana, ma quando le dico che è considerato un affare sicuro sgrana gli occhi e mi dice:
"Eh, ma se le istituzioni non si muovono...!"

La cosa mi lascia perplesso: che c'entrano le istituzioni? Mi dice che in Italia a meno che lavori su commissione di qualche istituzione sei destinato a finire in perdita, quindi nessuno si muove. Perciò lei e la sua società cercano sempre soldi che non devono restituire, e non fondi da usare come investimento in un'ottica imprenditoriale.
Mancano le istituzioni, mancano i documentari.

Ma il problema sono davvero le istituzioni o i film makers?
Perché in fondo quello che importa a me come film maker non è trovare i soldi, ma realizzare i miei progetti, e i soldi sono soltanto un mezzo per raggiungere i miei scopi.
Se voglio realizzare un progetto e un'istituzione non me lo finanzia non penso di lasciar perdere, ma a come trovare un altro modo per realizzarlo.

Per il mio film, per esempio, ho contattato le istituzioni, poi grandi possibili investitori, poi dei piccoli, poi aziende che potessero fare pubblicità nel film, banche che potessero sponsorizzarne una parte o farmi un prestito, aziende che investono in progetti grandissimi come centri commerciali, produttori stranieri, business angels italiani, commercialisti che applicassero a fondi europei, poi un amico di Buffon, Baggio, il procuratore di Gattuso, Maria De Filippi, Luca Barbareschi, Eros Ramazzotti, Vasco Rossi e un altro po' di canali che adesso non mi vengono in mente, e quando dopo 7 mesi qualche giorno fa ho incontrato il mio amico Gabriel, che farà le musiche per il mio progetto, mi ha detto "Ancora a questo punto? Ma che hai fatto finora?".

Noi film makers vogliamo raccontare storie di passione, di grandi lotte, frustrazione e trionfi, ma per quanto riguarda gli italiani la realtà è che siamo in linea di massima pigri, e forse non abbiamo mai lasciato le corti rinascimentali in cui gli attori si esibivano davanti ai nobili che pagavano loro lo spettacolo, per cui avevano il guadagno assicurato e non dovevano preoccuparsi troppo che lo spettacolo fosse bello.

Ecco una bella storia che dovrebbe far riflettere tutti noi italiani: riguarda un mio amico che ho conosciuto un anno fa a Cannes e ho incontrato oggi per caso:
Geoff Talbot ha scritto una sceneggiatura per un film con un cane a 3 zampe, e ha messo sul suo sito una pagina dedicata ai cani senza famiglia. Nella home page e in alcuni siti di social networking ha scritto che sta cercando un cane con 3 zampe per il suo film, e improvvisamente il suo sito, da 100 viewers al giorno è passato ad averne 2.800, così ha fatto un accordo pubblicitario con una società che produce cibo per cani, per un importo di 250 mila dolllari, che userà per finanziarsi il film.

Va bene, non è entusiasmante come andare a chiedere i soldi alle istituzioni, ma anche questa è un'idea, diamogliene atto.

NON E' FACILE SPUTTANARSI

Parlo con un regista di cortometraggi italiano, che mi dice di aver speso 20 mila euro per il suo film.
Gli dico che non capisco bene questo mondo, perché è fine a se stesso, non circola denaro ed è riservato più che altro agli addetti ai lavori e agli appassionati. E' quella che in inglese si chiama una calling card, cioè invece di dare un biglietto da visita dai un DVD con quello che sai fare.

Ma è dura la vita per chi vuole intraprendere questo mestiere: dedichi tante energie, fai tanti sacrifici e metti ogni soldo per curare il tuo progetto e poi non te lo guarda nessuno, mentre un ragazzino obeso che canta in playback l'ultimo successo dance davanti a una webcam ha milioni di viewers: è frustrante.

Il regista attacca il solito pizzone che ho sentito tante volte sulla generazione youtube, su quanto la gente sia stupida e non cerchi i contenuti, di come il digitale stia rovinando il cinema e che se fosse per lui girerebbe tutto su pellicola e a rallentatore.

E ho sentito questo discorso così tante volte che oggi, invece di dargli corda, gli dico:
"E se avessero ragione loro?".

Noi che vogliamo fare cinema siamo pieni di noi stessi e delle nostre idee. Segretamente ci sentiamo tutti geni, e se gli altri non ci capiscono è perché non sono abbastanza intelligenti.

Ma se avessero ragione quelli che usano la webcam? Se ci fosse un nuovo linguaggio che noi non riusciamo a capire perché siamo troppo presi dalle nostre idee, e invidiosi perché il ciccione che canta a torso nudo è visto da milioni di persone in tutto il mondo e passa anche al telegiornale, mentre noi gioiamo se il nostro cortometraggio da 20 mila euro è clickato più di 20 volte?

C'è qualcosa di più complesso, che noi intellettuali e puristi non riusciamo a cogliere per il segreto rancore e l'invidia che proviamo.
Non si tratta di fare i buffoni, o auto umiliazione, ma di qualcosa che non riesco a capire, e che qualcuno senza tutta la passione che abbiamo noi riesce a cogliere e trasmettere per primo.

Questo inverno c'è stata una grande nevicata, e ho filmato un certo numero di miei finti scivoloni amatoriali. Ho scelto il migliore e l''ho uploadato su internet con parole chiave mirate, vicino a filmati che mi interessava che la gente guardasse.
Infine ho girato il link a tutta la mia rubrica come se fosse vero.

HUGE TUMBLE ON THE SNOW - MEGA SCIVOLONE SULLA NEVE


L'obbiettivo dell'esperimento era vedere se:
1) Collezionasse un numero altissimo di viewers.
2) Trascinasse anche i filmati che mi interessava far vedere.

Il risultato è stato deludente: i miei amici l'hanno guardato, e così altri che lo hanno trovato per caso in rete, ma il numero dei viewers non è stato molto diverso da quello degli altri filmati, e il numero dei viewers negli altri filmati non è cambiato in modo significativo.

Questa è una prova semi scientifica per tutti quelli che vogliono fare i film e si sentono superiori: la gente non è per forza cretina.

Il mondo cambia, e il digitale ci aiuta, non è un nemico.
Se noi non siamo disposti a cambiare rischiamo di fare la fine di chi produceva ottime diligenze quando ormai tutti andavano in treno.

15 maggio 2009

LA RIVINCITA DI UN ITALIANO

Molti italiani (e io ero tra quelli) pensano che il modo migliore per imparare l'inglese sia andare a Londra. Non è così, per almeno 2 motivi: 1) Ci sono troppi stranieri e troppi connazionali con cui si finisce sempre per parlare la propria lingua; 2) A Londra ci sono troppi accenti, e la maggior parte degli inglesi ha una pronuncia sporca.

In particolare il secondo punto è pericoloso per uno straniero, a meno che non si tratti di una bella ragazza (con cui sono tutti gentili), perché gli inglesi tendono a schiacciarti psicologicamente, a farti credere che il tuo inglese sia molto brutto (e il fatto che li capisci con difficoltà ne è la prova). Quando parli fanno espressioni come conati di vomito, come se provassero un profondo schifo a starti ad ascoltare, e questo contribuisce a farti perdere la fiducia in te stesso.

Soprattutto all'inizio della tua permanenza, quando davvero capisci poco di quello che ti dicono, sviluppi un certo linguaggio utile per non far proprio vedere che sei fuori dal mondo: sorridi, acconsenti quando ti dicono qualcosa che termina come una domanda e rispondi cose del tipo "Uhmbeue, ueue, yes".

Il linguaggio dei mugugni diventa un modo di comunicare a se stante, anche tra stranieri, perché spesso il forte accento nazionale di francesi, cinesi, indiani e così via ti impedisce di capire cosa dicono.
Mi ricordo in particolare quando dovevo essere al lavoro alle 7 del mattino e si dovevano scambiare 2 chiacchiere di cortesia, ma nessuno aveva voglia di parlare. Le nostre conversazioni erano:
- Hu.
- He hao, humh?
- Hm, bimbu. Hue?
- Ah! Hafm humoh.
- He, humou.
- Ieo.

Che vuol dire:
- Ciao.
- Hey ciao, come va'?
- Sono già stanco. Tu?
- Ah! Odio alzarmi così presto.
- Beh, ci vediamo più tardi.
- Ciao.

C'è rancore nei confronti degli inglesi che hanno un accento così forte e fanno grossi errori di grammatica. Con tutta la fatica che facciamo noi stranieri a imparare la loro lingua, dovrebbero avere l'obbligo morale di parlarla perfettamente, invece è come se un italiano si rivolgesse a uno straniero in siciliano, e quando quello non lo capisce rinfacciargli pure che non parla la lingua.

Così oggi sono al padiglione inglese per un appuntamento di lavoro, e parlo con un collega. Un altro ragazzo si avvicina e mi dice qualcosa che non capisco.
Vado nel pallone e non so cosa rispondergli, e prontamente, con un forte accento dell'est di Londra, quello mi rinfaccia che non parlo inglese.

E qui mi sale la carogna.
- Francese? - gli chiedo.
Mi dice che lo parla un po'.
E ora ti aggiusto io.
Senza dargli tempo di reazione gli dico:
- Ouelletement comment la grophiere du la stragne se suffi ou Festival, c'est vrai?
Il suo sorriso diventa plastico, e io vado avanti come un rullo compressore, molto cordiale e scandendo bene le parole:
- Sa la meme fu selui a Cannes, pas de course, c'est vrais...? Oui?
- ...Oui...
- Parle pas francais? Mh.
E con un sorriso cordiale e distaccato torno al mio meeting. Che soddisfazione.

P.S. per chi non parla francese: Quelli erano suoni a caso, pronunciati alla francese.

14 maggio 2009

IL GIORNO IN CUI HO INSULTATO JAMES GRAY

Sono a Cannes, giornata quasi finita, entro al Palais Stéphanie e sento che sul terrazzo stanno aspettando Francis Ford Coppola per una conferenza.

Quindi prendo l'ascensore, che è molto grande, super lusso, e abbastanza pieno.
In particolare attira la mia attenzione una bella scollatura sul lato opposto all'entrata.
Tutti sono zitti.

Improvvisamente mi rendo conto che devono essersi accorti del mio sguardo forse troppo insistente, perchè guardano tutti in basso e ridacchiano.

Distolgo lo sguardo e mi accorgo che davanti a me, a distanza bacio, c'è un ragazzo alto e magro e senza badge, con l'aspetto di un secchione, che mi è familiare.

Un anno fa ero alla première del suo film, in cui c'erano come ospiti d'onore lui (il regista) e Gwyneth Paltrow.

Esclamo:
- Hey, mi sa che ti conosco!

Tutti scoppiano a ridere, perché pensano che io stessi fissando lui, e aspettavano una mia reazione.

- Il tuo film l'anno scorso, bello.
- Grazie per non aver detto che era pure brutto.

E usciamo.

P.S.: La scollatura in ascensore era di sua moglie.

I PREZZI DI CANNES


Oggi ho pagato 26 euro per 2 bicchieri di succo di frutta.
La cosa incredibile è che la mancia era a parte.

07 maggio 2009

CANNES AD PORTAS

Il Festival di Cannes si sta avvicinando, e io mi preparo.
Questa volta sono più preparato dell'anno scorso, ma forse proprio per questo sarà ancora più difficile.
Propongo un estratto del mio diario sul film che sto producendo, sull'esperienza dell'anno scorso iniziata in modo fallimentare (e poi conclusa con successo), perché mi piace ridere di quello che mi succede, di tanto in tanto.

PRIMO GIORNO A CANNES
Il viaggio è pesante, soprattutto perché arrivato a Nizza devo aspettare ore prima che arrivi il treno che mi porta a Theule.
Immagino che questa sia un’altra stazione di Cannes, come Cannes La Bocca. Invece, quando finalmente arrivo, non c’è niente.
Non c’è una biglietteria a cui chiedere informazioni, non c’è neanche un bar. L’unica cosa è un cartello con il numero di cellulare di alcuni tassisti, e decido di chiamarne uno. Il mio francese è troppo arruginito per tentare ogni comunicazione, quindi parlo in inglese.
L’uomo non capisce, e dopo qualche tentativo di spiegargli anche col poco francese che ricordo dove mi trovo (Gare de Theule) mi riattacca il telefono in faccia.
Sono distrutto. Il viaggio, e adesso questo, stroncano ogni voglia che avevo di cominciare quest’avventura, e vorrei essere a casa.

Provo con un’altra tassista, e con tante difficoltà alla fine mi dice che verrà e mi troverà. Brava: sono l’unico essere vivente a perdita d’occhio, davanti a una stazione che è più un binario, con le valige e in mezzo alla strada, vediamo se ci riesci.

Il taxi arriva e partiamo. Chiedo dov’è Cannes, e si mette a ridere, e mi dice che è a 18 Km, a una fermata di treno. Mi viene freddo, perché io avevo prenotato un albergo a Cannes, in modo da non avere problemi di orario, tornare per una doccia e uscire di nuovo, cercare di fare vita sociale, che è la cosa importante. Invece l’albergo è in provincia di Cannes, e questo ci vincolerà moltissimo.
Un errore che non dipende da me, ma dal sito in cui ho prenotato (Expedia), e ormai è tardi. Ho prenotato mesi fa per essere sicuro di trovare posto, ora non ci sarà più niente.
Il posto non è così vicino, e penso che un altro problema sarà arrivare dall’albergo alla stazione. Non tanto per me, perché sono un buon camminatore, ma per Sophie.
Il paese sembra molto piccolo, ma il taxi non si ferma e inizia a salire. Sento gelarmi il sangue sempre di più. Il costo della corsa continua a salire

Arrivati in cima alla montagna troviamo l’albergo. Vado alla reception e dico chi sono.
È stata dura finora, ma troverò una soluzione a tutto, e mi impongo di essere di buon umore, perché questo è un grande investimento per me, e non solo in denaro. Devo essere con la mente limpida e pronto a fare business.
Mentre la ragazza controlla i registri le chiedo come si arriva in paese, e lei, tranquillamente, risponde Macchina. Va bene, dico sorridendo, ma se non ho la macchina?

È solo quando lei parla di nuovo che forse per la prima volta nella vita capisco cosa vuol dire l’espressione Mi è mancata la terra sotto i piedi, e dice
“Taxi”.
“Ho appena pagato 30 euro di taxi dalla stazione a qui, e mi vuole dire che non c’è altro modo di arrivare?!?”.
Se fosse davvero così dovrei spendere almeno 100 euro in più al giorno, tra me e Sophie, solo per andare e tornare a Cannes, ed essere comunque vincolati agli orari dei treni. Avrei speso di meno a prenotare un albergo a 4 stelle sulla via principale di Cannes.

Tranquilla, la ragazza mi dice di no (non c’è altro modo di arrivare all’albergo), e poi che non c’è nessuna prenotazione a mio nome.
Attonito, tiro fuori la mia prenotazione, la legge e mi dice che io ho prenotato il residence Ocean, mentre qui è l’albergo Ocean.
Quindi il taxi mi ha portato nel posto sbagliato? Lo chiedo quasi con speranza, perchè questo mi darebbe ancora la possibilità di sperare che il mio albergo non è così fuori dal mondo.
Mi dice che il posto è lo stesso, solo che da una parte fanno albergo, e dall’altra residence.
Ho capito: è cretina. Peccato, perché è una bella ragazza.

Le chiedo allora di aprire il registro del residence e di darmi la chiave: la mia partner dovrebbe essere arrivata di mattina.
Mi dice che non può, perché sono 2 aziende diverse, con 2 persone diverse alla reception.
“E dov’è la reception del residence?”
“Qui”.
Tanto bella, e con l’intelligenza di un bruco: mi fa così pena.
“Allora posso parlare con la receptionist del residence?”
Le batoste finora si sono moltiplicate, e sembra che continueranno così. È come se un velo di apatia si fosse posato sulla mia mente, e ora mi sento solo come trascinato dalla corrente di un fiume, senza opporre resistenza.
Mi dice di no. La conversazione è surreale, e quando le chiedo perché mi risponde che la reception è chiusa.

Provo a chiamare Sophie, ma ha il cellulare spento, quindi chiedo come posso fare per accedere alla stanza. Mi dice che c’è un numero da fare per chiedere la combinazione della cassetta di sicurezza in cui sono contenute le chiavi. Il numero ha un costo paragonabile a un telefono erotico.

Chiamo, e dopo messaggi preregistrati di pubblicità, che azzerano velocemente il credito telefonico, parlo con un’operatrice che non sa l’inglese e neanche l’italiano. Il che è comprensibile, per chi lavora nel settore alberghiero, e non ho motivo di aver voglia di prendere a calci il bancone.

La ragazza mi dice che non risulta una mia prenotazione, e io ho un déja vu. Le dico che sono nel residence, e non nell’albergo. Lei passa qualche altro minuto a cercare e poi mi dice che non c’è niente, e si prepara a chiudere la comunicazione. Insisto, e allora mi dice Ah, ma è a Theule?
“E DOVE...? Sì sono a Theule”.
Quindi controlla e mi conferma la mia prenotazione. Bene: oggi non dormirò sotto i ponti.
Mi dice che ora mi darà il numero segreto con cui accedere alla cassetta e prendere la chiave, di prendere carta e penna e scrivere...
Cade la linea. Tutti i soldi che ho messo nel telefonino in previsione del Festival di Cannes, sapendo che avrei dovuto fare molte chiamate, se ne sono andati in meno di un’ora.

E ora non posso neanche comunicare con Sophie.
Odio la Francia, odio i francesi, odio questo albergo e in linea di principio ho anche una certa antipatia verso il Festival di Cannes.
Chiedo alla receptionist di usare il loro telefono, e lei, riluttante, me lo porge e va da un’altra parte.
Ma il telefono non funziona. Provo a mettere prima uno 0, poi a mettere prima un 9, ma niente. Torno da lei a dirle il mio problema. Lei arriva, infastidita, e mi sblocca il telefono con un codice di 4 cifre.
Le chiedo scusa: stupido io a non pensarci.

Rifaccio tutta la telefonata. L’operatrice è diversa, ma per fortuna neanche lei sa altre lingue al di fuori del francese. Per la terza volta mi dicono che non c’è la mia prenotazione e poi la trova.
Mi dice di prepararmi carta e penna per darmi il codice segreto, e quando sono pronto lei abbassa la voce, probabilmente per non farsi sentire dalle colleghe, e mi sussurra:
“1... 2...”
Dopo che dice 3 smetto di scrivere, e a 4 mi cade la biro sul bancone.
Il segretissimo codice che mi è costato almeno 100 euro di credito telefonico è 1 2 3 4.

(continua)