21 dicembre 2008

IL GIORNO IN CUI HO CONOSCIUTO VITTORIO CECCHI GORI

Entro nella casa di Vittorio Cecchi Gori con un solo pensiero: qualunque esito avrà il nostro incontro, questo è un evento che rimarrà per sempre nella mia vita, e segnerà la differenza tra quando non conoscevo Cecchi Gori e dopo che l'ho conosciuto.

Chiunque sarò, qualunque lavoro farò, d'ora in poi potrò dire che a 27 anni e senza un grande studio alle spalle sono riuscito ad avere un appuntamento col più grande produttore italiano, vincitore di 3 oscar, in casa sua, per parlargli del mio progetto.

Sono in mezzo ai giganti, quello è l'albero di Natale di Cecchi Gori, e il bagno in cui entro è lo stesso che usa Cecchi Gori.

Aspetto questo incontro da un anno, da quando ho deciso di fare il film a cui sto lavorando, e avrei potuto provarci prima, ma non ero sicuro che il mio progetto fosse abbastanza solido da poter mirare così in alto con qualche speranza di essere preso in considerazione.

Per altri versi lo aspetto da 8 anni, da quando ho deciso di incontrarlo, stringergli la mano e dirgli quanto lo ammiravo, quando gli amici a cui l'avevo raccontato avevano riso di me perché era una cosa impossibile.

Ho immaginato questo momento per tanto tempo, soprattutto nelle 3 settimane che mi ci sono volute per avere questo incontro. Gli ho parlato tanto nei miei pensieri, ma ora che il momento è arrivato ho dimenticato tutto, e proprio io che non faccio altro che presentare il mio progetto per convincere bravi professionisti a seguirmi ora non trovo le parole.

Siamo alla fine di una giornata intensa per entrambi, lui ha appena terminato una riunione col suo management, è stanco, ma mi accoglie nel suo studio come se fossi un suo pari.

Mi stupisce l'umanità di questo ambiente, coi suoi collaboratori che lo trattano con un intimo rispetto, perché è il principale, ma è anche una persona per cui provano visibilmente affetto.
Ma più di tutti mi colpisce l'umanità con cui lui, che considero il più grande, tratta me, che non sono ancora nessuno, e io non mi sento più il professionista a capo di un progetto importante e molto ambizioso, ma un ragazzino profondamente inadeguato.

Inizio a presentargli il progetto con l'aiuto di Emilio, il responsabile del suo ufficio stampa, che capisce il mio imbarazzo e cerca di darmi una mano. Spiego al Presidente l'idea e quello che ho fatto finora.
Lui è alla mia destra, a sinistra ho il suo avvocato e di fronte Emilio.
Mi sembra di parlare lentamente e a vuoto, ma mentre sto ancora cercando di trovare le parole Cecchi Gori e il suo avvocato parlano tra loro di come possono aiutarmi, e questa umanità verso di me, che sono abituato a lottare anche per i gradini più bassi, mi manda ancora più nel pallone.

Nonostante la sua stanchezza, da questa persona traspare un carisma che non ho mai visto altrove, e se nelle altre mie esperienze mi sono imbattuto in burocrati il cui unico obbiettivo sembrava ritardare i miei progetti, lui sembra cercare il modo di aiutarmi, prima di qualche motivo valido per cui non farlo.

Non è d'accordo con me sul fare il film in inglese. E' un argomento che ho affrontato già con altri: gli italiani non condividono con me l'importanza di girare in inglese per aiutare la diffusione del film nel mondo, ma se i burocrati hanno solo il mio disprezzo per la loro ottusità, quello che dice un 3 volte premio Oscar ha un forte peso.

Gli dico che girandolo in inglese abbiamo l'appoggio di un distributore americano che può distribuire il film nel Mondo, e allora Cecchi Gori si infervora e inizia a dire I film si fanno in italiano e si sottotitolano in inglese, è così che si vincono gli Oscar! Gli Americani hanno 10 figure professionali per fare il lavoro di uno, e i finanziatori non possono mettere bocca, mentre io che ho sempre fatto produttore, executive producer eccetera... come per [nomina un film che non capisco] dovevano girare in una villa di specchi in una selva, e nessuno ha pensato che gli specchi riflettevano le telecamere! Allora lì a chiamare un'impresa per mettere le cose a posto. Oh, 2 milioni di dollari mi è costato quello scherzetto! Mi sono dovuto mettere io a rimboccarmi le maniche...
Lo ascolto parlare, in un attimo tutta la sua stanchezza passa, raccontando di film e decisioni che ha dovuto prendere, e io sono estasiato.
Quest'uomo che già ammiravo prima di incontrare, ha una carica e una passione che non mi aspettavo. Non è soltanto una persona con giuste intuizioni, che tratta i film come un prodotto da cui guadagnare: è uno che mette l'anima in quello che fa, mette in gioco se stesso. E' come sarò io da grande, e se riuscissi a convincerlo che valgo il suo tempo e potessi combinare le sue energie alle mie so che avrei una potenza di fuoco inimmaginabile persino per chi è in questo business da tanto tempo.

Alla fine del nostro incontro mi chiede la sceneggiatura, e mi dice che ci rivedremo.
La sua frase mi sembra molto più vera e carica di significato del solito Le faremo sapere del mondo dello spettacolo. Ha carisma, e dice più delle parole che usa:

Ci rivedremo. Un film non si fa in una riunione sola.

P.S.: Ringrazio il responsabile dell'ufficio stampa della Cecchi Gori Group, Emilio Sturla Furnò, senza il quale non sarei riuscito ad avere questo incontro.



12 dicembre 2008

CREATIVI CONTRO BUROCRATI: UNA BATTAGLIA IMPARI

Pensiero comune vuole che l’unico modo per entrare nel mondo dello spettacolo sia attraverso spintarelle.
È vero che ci sono aiuti istituzionali per sostenere economicamente i creativi, ma anche questi, a sentire molti addetti ai lavori, vengono dati quasi esclusivamente a raccomandati senza talento, ed è evidente quando si scopre alla fine di un brutto cortometraggio che ha ricevuto sostegni governativi.

Ma non credo che il sistema sia così marcio: c’è una spiegazione logica dietro.

Il regista o l’attore medio che tenta di trovare una strada per farsi conoscere è in linea di massima povero. Non ha un lavoro fisso, perché è sempre alla ricerca di qualcosa che gli dia l’occasione che cerca. Sbarca il lunario con lavoretti temporanei che gli permettono di pagare l’affitto, evita quasi tutte le cose superflue e non fa una gran vita. Dedica tutte le sue energie e ogni risicato soldino nel trasformare le sue idee in immagini, curando la qualità del suo lavoro, ma di solito non prende quasi in considerazione la promozione di quello che fa.

Poi ci sono quelli che hanno l’hobby: non rischiano tanto quanto i creativi, hanno spesso un lavoro ben pagato e tanto tempo libero. Fare un film per loro è molto più facile, perché non devono preoccuparsi dei soldi. I soldi permettono di fare il lavoro in poco tempo.
A differenza del creativo, che è in linea di massima insoddisfatto di quello che fa e spesso prova l’impulso di nasconderlo, loro ne vanno orgogliosi e vogliono che più gente possibile lo guardi, non rendendosi conto che spesso è ridicolo.
Inoltre, proprio perché hanno speso molte meno energie nela produzione del film, hanno molto più tempo ed energie da dedicare alla sua promozione.

Ecco perché spesso è premiata la mediocrità.

Uno dei pochi modi che il creativo ha di trovare il budget che gli serve è applicare a fondi istituzionali. Ma come si fa a decidere a chi dare i soldi e chi no?
Chi deve decidere è un burocrate, interessato prima di tutto alla giusta compilazione della domanda, che è un primo parametro per scremare le domande.
Un secondo parametro è il curriculum, e anche in questo caso l’hobbista può dimostrare di aver fatto più lavori e aver avuto più riscontro di pubblico, per esempio attraverso i festival.
Il creativo e la burocrazia sono nemici, e di solito rinuncia al primo tentativo, soprattutto indignato per la corruzione del sistema.
L’hobbista, invece, è un burocrate, sa come muoversi e accedere ai fondi, ed ecco che gli aiuti per i creativi si trasformano in aiuti per chi non ne avrebbe bisogno e produce lavori di scarso interesse creativo.

Quindi viviamo in un mondo schifoso e senza speranza?
No, biusogna solo trovare un modo per bucare il sistema.

Creativi, fare un film non è un progetto per solitari. Un film è un lavoro di squadra, ed essere arrabbiati col mondo non serve a niente.

Mettetevi insieme, aiutate gli altri a realizzare le loro idee e fatevi aiutare dagli altri, siate aperti a mettere in discussione le vostre idee: unite le forze e prendete il meglio da ognuno, perché in fondo il nostro obiettivo non è fare un film, ma che la gente lo guardi!

27 novembre 2008

BUONE IDEE, CATTIVE IDEE

Una delle cose che fa un creativo è trovare un evento insignificante per molti e costruirci sopra qualcosa che lo renda interessante, colpisca o susciti emozioni.
Non è facile: abbiamo troppe teste diverse, e non ho mai trovato un’idea che sia piaciuta a tutti incondizionatamente.
E poi c’è un’alta componente di rischio che il creativo lavori a qualcosa che colpisce e fa divertire soltanto lui.

Uno dei cortometraggi col contenuto più brutto che abbia mai visto è quello che ha realizzato un mio amico regista ai suoi esordi: un uomo con un forte mal di pancia entra nella toilette di casa, in cui c’è solo il water (a Londra molte case hanno water e bagno in 2 vani diversi). Segue un minuto di riprese della sua faccia in primo piano mentre dà un significato a tutti i rumori che sentiamo. Dopo che fa quello che deve si accorge che la carta igienica è finita. Fine cortometraggio. A questo punto si dovrebbe ridere.

È difficile dire a una persona che ha lavorato tanto a qualcosa e ti chiede un parere che trovi il suo lavoro schifoso e offensivo, soprattutto quando ti racconta con entusiasmo di come, per raggiungere l’effetto sonoro desiderato, avesse buttato dei piselli in scatola nel water, poi riprendendoli e versandoli di nuovo per tutto il pomeriggio, interrotto solo dai suoi coinquilini, che dovevano usare il gabinetto.
Uno dei motivi per cui non mi ha fatto ridere credo sia la troppa attenzione verso l’aspetto defecatorio, un altro è stato che la mancanza di carta igienica a casa sua non mi sembra un ostacolo così insormontabile.

Sullo stesso argomento, invece, uno dei cortometraggi più divertenti che abbia mai visto:
una ragazza è in un letto matrimoniale, da sola. Si sveglia, e trova accanto la colazione con una rosa e un bigliettino che le dice di stare quanto vuole e quando esce di tirare semplicemente la porta. Mangia di gusto, respira il profumo sull’altro cuscino, si alza felice e vive la casa: guarda le foto, i vestiti e fa tutte le cose strane degli innamorati.
Poi va in bagno, usa il water, ma quando tira l’acqua non va giù. Ci riprova, e niente. Prova a versarci dell’acqua, ma non funziona. Dopo alcuni altri tentativi decide di prendere una borsa di plastica, usarla come un guanto e recuperare e portarsi via il contenuto.
Felice e bella, prima di andare via appoggia la borsa su un mobile, prende un foglio e scrive All’uomo perfetto, e dà un bacio col rossetto come firma.
Esce di casa saltellando, e quando si chiude la porta si rende conto di aver lasciato la borsa piena, proprio accanto alla sua dedica.
Tenta disperatamente di riaprire la porta, e si accascia sul pavimento in lacrime.

Credo che il tempo sia l’unico a decidere cosa vale e cosa no, perché il creativo è troppo impegnato a creare ed essere preso da quello che fa per essere obbiettivo, i suoi amici gli diranno più o meno sempre che quello che ha fatto è bello e tra tutti gli abitanti della Terra ce ne sarà sempre qualcuno a cui è sinceramente piaciuto.

Nel mio caso, per esempio, il teaser che ho fatto per il film a cui sto lavorando ha un intenso stile narrativo con un crescendo di emozione che culmina in un grande colpo di scena.
Per altri, invece, si tratta di 6 uomini che giocano a carte.

11 ottobre 2008

PERSO IN UN MARE DI LIBRI

Sono in una grande libreria del centro di Londra e il mio pensiero va al film C'è Posta per Te (1998), in cui una piccola libreria di persone appassionate di letteratura si scontra con un colosso senza personalità lì solo per fare soldi, ma pieno di impiegati incompetenti.

Ci sono 4 piani di libri, e io sto cercando l'ultimo di Candace Bushnell. Chiedo ai ragazzi che lavorano qui, e invece di trovarlo per me mi indirizzano genericamente dall'altra parte dello stabilimento. Ho il forte sospetto che neanche loro lo sappiano.

Dopo l'ennesima indicazione a caso vado al banco informazioni e do il titolo del libro, che l'addetto non trova nel computer.

Allora gli do il nome dell'autrice, ma non suona nessun campanello nella sua mente.

Mi chiede cos'altro ha scritto, e io mi domando se questo sia un libraio o un sandwich maker ceduto alla libreria per esubero di personale.

Gli dico (e qui la maestrina che c'è in me emerge con un tono accusatorio) Sex and the City, ma non c'è vergogna nel suo atteggiamento: è questo che mi lascia più sorpreso, soprattutto pensando a tutta la competizione che c'è a Londra in qualsiasi settore.
Infastidito, gli dico:
"Va bene, senta, dove trovo l'ultimo Harry Potter?".
E lui:
"Chi?".

So che molti non ci crederanno, e la sbalorditiva incompetenza di cui parlo sembra eccessiva per essere vera, quindi eccovi una prova:

Ho comperato un libro scritto dalla moglie di Irwin, meglio conosciuto come Ah, quello dei coccodrilli!.
Il segreto del successo di suo marito è stato mostrarci la bellezza di animali pericolosi rischiando in prima persona: insomma, non era uno che raccontava passivamente la natura, lui ci metteva la faccia, e tutti lo ricordano con affetto proprio per questo.

Ecco, guardate dove hanno messo l'adesivo 3 x 2.


04 ottobre 2008

LA GRANDE BALLA DELLA PIRATERIA

Ultimamente una donna è stata condannata a pagare 220 mila dollari e 60 mila di spese legali perché ha scaricato illegalmente 24 canzoni.

Questo mi fa venire in mente una chiacchierata che ho fatto con uno dei tecnici, quando ho lavorato in una casa di postproduzione di Soho.
Quest’azienda lavorava con alcuni tra i colossi cinematografici mondiali, e tra i suoi compiti c’era anche quello di occuparsi di stampare i DVD in anteprima (quando il film è ancora al cinema) da far avere ai giurati dei festival più prestigiosi.
Il motivo per cui questi colossi cinematografici pagavano salati i servizi dell’azienda in cui lavoravo era che questi mettono un codice nascosto all’interno del DVD, sul margine nero superiore del film, che rende unica quella copia.
Il grosso della pirateria viene gestito dagli addetti al settore, a volte dalle case stesse, che hanno un interesse a perdere soldi con la vendita lecita per farli rientrare con quella illecita, così da non pagare SIAE, tasse e spesso anche forti somme sul venduto agli attori e artisti principali.
Ecco perché spesso nelle bancarelle si trovano copie perfette del DVD quando il film è ancora al cinema.
Attraverso il codice nascosto che viene messo, volendo si può risalire a chi ha passato la prima copia da masterizzare e punirlo in modo esemplare.

Poi questo ragazzo mi guarda e mi chiede:
“Cosa ne pensi?”
“...Mi sembra buono... la pirateria uccide il cinema...”
Lui sorride, e mi spiega che la storia della pirateria è solo una facciata, che in realtà incide molto relativamente su tutto il business, e il motivo è facilmente comprensibile: le canzoni e i film più piratati sono quelli che vendono di più.

Se non esistesse la pirateria i DVD e CD che ciascuno di noi comprerebbe sarebbero comunque pochissimi rispetto ai film che guardiamo e la musica che ascoltiamo. Quando ti interessa davvero un film compri l’originale, perché ti vuoi gustare tutta la qualità: non vuoi essere infastidito da qualità audio e video basse, o pensare che a metà film si blocca tutto. Poi magari vuoi anche vedere i contenuti speciali o vederlo in una lingua diversa.
Quindi i DVD che si scaricano illegalmente o si comperano alle bancarelle sono quelli che comunque non si comprerebbero, e gli unici che ne hanno un serio danno sono i piccoli gestori di noleggio, cioè poveri disgraziati che pagano centinaia di euro la copia di un film, contando su molti noleggi per rifarsi della spesa.
Far girare i film e gli album contribuisce alla loro visibilità, e si trasforma in una pubblicità indiretta a basso budget.
Il vero guadagno che hanno i cantanti è nei concerti, e scaricare le loro canzoni illegalmente da Internet li fa conoscere di più. Così molta più gente va ai loro concerti, e le loro ospitate in TV sono pagate molto bene.

Però questa cosa non si può dire apertamente, e tutti fanno finta di subire un grave danno e parlano di grandi battaglie contro la pirateria, cercando punizioni esemplari per milioni di persone indifese (se uno avesse i soldi si comprerebbe il DVD o CD originali), invece di andare a pizzicare le poche centinaia di addetti al settore che fanno della pirateria un grandissimo business.
La prova è proprio nel codice che quest’azienda mette. Secondo il tecnico con cui ho parlato, basterebbe un mese per estirpare l’80% di tutti i film prodotti dalle grandi major piratati nel Mondo.





25 luglio 2008

SOFI BONDE

Tempo fa ho scoperto una cantante pop di origine svedese, che vive e lavora tra Hollywood e New York.


Si chiama Sofi Bonde, ha lavorato in Francia e Inghilterra, e ora sta avendo successo anche negli USA.

Il suo ultimo album si intitola Fighting Gravity, ed è disponibile in tutto il Mondo in versione digitale in diversi siti specializzati, tra cui ITunes.
Per chi vuole ascoltare una delle sue canzoni, potete clickare il video sotto, oppure qui.




06 giugno 2008

NEGLI USA PIACE IL NOIR DEL REGISTA ASTIGIANO


Ringrazio Carlo Francesco Conti, giornalista di La Stampa, che ha scritto un interessante resoconto sulla mia permanenza al Festival di Cannes 2008, in cui ho presentato il progetto How To Catch A Thief, che ha ricevuto molti consensi sia da aziende italiane che internazionali.


Per chi sia interessato a leggere il pezzo, basta clickare sull'immagine a fianco, o qui.

(Foto Valentina Ansaldi)


01 maggio 2008

INTERVISTA A PRIMARADIO

Oggi sono stato invitato dagli amici di Primaradio per parlare del film che vogliamo girare ad Asti.

Potete ascoltarla clickando sulla freccetta azzurra della barra in basso.

A 16 anni ero uno di loro, questa radio è stata la prima esperienza che mi ha indirizzato sulla strada che sto percorrendo, e li penso sempre con affetto.

Saluto in particolare Betty Martinelli, che mi ha fatto l'intervista, e Marco Rossino, vecchio amico alla regia.

30 aprile 2008

...E COME FUNZIONA IN ITALIA?

Leggendo il mio blog qualcuno mi rimprovera di essere troppo antinglese, a favore degli Italiani.


Non è voluto: il fatto è che quando passo tanto tempo in un posto inizio a valutare la realtà che mi sta intorno con cinismo.

Ora sono in Italia da un mesetto, ed è arrivato il momento di pareggiare i conti.

Una delle cose che pensavo più difficili da fare per il film a cui sto lavorando era contattare gli attori internazionali a cui sono interessato: insomma, gente ai massimi livelli, come posso pensare di avere una chance?

Invece sono stupito, perché in 24 ore il loro agente mi risponde, mi dice qual è la loro procedura, passa la mia presentazione e la sceneggiatura al loro cliente e 48 ore dopo si fanno sentire con una risposta.

Ma in Italia come funziona?

Intanto, per trovare certi agenti in ufficio o farmi rispondere alle e-mail mi ci sono volute 3 settimane.
Presi dall'esasperazione, a un certo punto quelli dell'ufficio mi passano il cellulare dell'agente.
Poi è un altro casino per lui cercare il suo cliente.

Non posso fare nomi, perché ho appena ricevuto la risposta che cercavo, e l'attore italiano di punta (uno dei più bravi e conosciuti anche all'estero) è interessato a far parte del nostro progetto, e quindi non mi lamenterò.

Ma è la notte del 30 aprile, ho mandato un'e-mail di ringraziamento, dicendo che ci sentiremo dopo il Festival di Cannes, e mi è arrivata questa risposta automatica:

LA NOSTRA AGENZIA RIMARRà CHIUSA PER IL PONTE DEL 1 MAGGIO. TUTTE LE EMAIL RICEVUTE IN TALE PERIODO VERRANNO CESTINATE AUTOMANTICAMENTE.
Non ci posso credere.

25 aprile 2008

AD ASTI UN GANGSTER MOVIE

Ringrazio Riccardo Santagati, giornalista di La Nuova Provincia, che il 22 aprile ha scritto un pezzo sul film a cui sto lavorando in collaborazione con la Bison Productions di Londra, mettendoci in prima pagina.


Per leggerlo potete clickare sull'immagine a fianco, o qui.

23 aprile 2008

UN REGISTA ASTIGIANO IN CARRIERA A LONDRA


Ringrazio Carlo Francesco Conti, giornalista di La Stampa, che oggi ha pubblicato un bel pezzo su di me e il film a cui sto lavorando: How To Catch a Thief [Come Si Prende Un Ladro], che voglio girare ad Asti.

Gli faccio anche i complimenti per com'è riuscito a trovare la foto.

Potete leggere l'articolo clickando sull'immagine a fianco, oppure qui.

21 aprile 2008

HOW TO CATCH A THIEF - SLIDE SHOW

Queste sono le prime foto del film a cui sto lavorando con la Bison Productions di Londra: HOW TO CATCH A THIEF [COME SI PRENDE UN LADRO].

E' una sfacchinata, ma sta venendo su bene.

Le foto sono state scattate da Dylan Woolf.

29 febbraio 2008

IL PRONTO DA MANGIARE PIÚ STUPIDO

Dopo 12 ore ininterrotte in uno studio di registrazione, senza pranzo, senza cena e con una colazione scarsa, alle 11.30 di notte trovo un supermercato aperto e vado alla disperata ricerca di qualcosa di pronto da mangiare, ma che non mi uccida.

A Londra ci sono scaffalate intere di prodotti ready to eat [pronti da mangiare], ma di solito si tratta di patatine fritte, ali di pollo fritte, cipolle fritte, uova fritte, impanate e rifritte, prodotti indiani fritti, prodotti cinesi fritti e così via.
C’è un grande mercato in proposito, impressionante, quando entri in un supermercato inglese e sei abituato a quelli italiani. Questo perché le pause pranzo sono troppo corte per andare a casa e prepararsi da mangiare, e Londra sarebbe comunque troppo grande. Finito il lavoro e dopo la solita ora in metropolitana stipati come polli, la maggior parte dei Londinesi preferisce prendere qualcosa di pronto per cena, per la famiglia, e questo è il motivo principale per cui non sanno cucinare e mangiano male.

Dopo un’attenta ricerca, trovo il prodotto che fa meno male in assoluto: una confezione con 2 hamburgers da assemblare.
Quindi, quasi a mezzanotte, vado su una panchina e mi preparo il mio primo pasto come si deve della giornata.
Per ogni panino il pane è già tagliato, perché mangiando fuori non puoi avere dietro un coltello.
Poi c’è una busta di salsa, che è un misto tra ketchup, sottaceti sminuzzati e cipolla, così, di nuovo, non ti serve il coltello per affettare la verdura.
In fine ci sono 2 sottilette per panino e la polpetta di carne.

Ma la polpetta è cruda.

Quindi, secondo loro non c’è bisogno che io abbia un coltello: l’importante è che abbia l’olio per friggere la carne, una paletta per girarla, una padella, un accendino e un fornello a gas.

Non vorrei fare sempre quello che parla male degli Inglesi, ma...

21 febbraio 2008

ARRESTATO PER AVER FATTO SESSO


Ieri uno chef di Londra è stato arrestato per aver fatto sesso col cadavere di una diciottenne trovata sulla strada.

La ragazza era stata uccisa con 8 coltellate.

In sua difesa, l'uomo ha dichiarato.
"Non sapevo che fosse morta".

25 gennaio 2008

L’INGHILTERRA STA ALLEVANDO DEI DEFICIENTI

Mi trovo in salotto a scrivere sul mio portatile. Il mio coinquilino è di fronte a me, e anche lui scrive al computer, orgogliosamente comperato 2 giorni fa e pagato mezzo litro di sangue e un rene.

La mia coinquilina passa e va in cucina, e dal modo in cui sbatte i piedi e le pentole capiamo che ha le sue cose.

Tornando dalla cucina, Agnes inciampa sul cavo del computer di Steve, facendoglielo quasi cadere.

Lo prendiamo tutti e 2 al volo, lei non dice niente e se ne va.

Più tardi torna e mi fa una scenata che mi aspetterei da una madre il cui bambino ho deciso di mangiare.
Dice che ha chiamato il proprietario dell’appartamento, chiedendo il permesso di spostare tutta la mobilia.
Mi urla che le devo delle scuse, e io non capisco perché. Dice (urla) che i cavi dei portatili per terra rappresentano un pericolo dal punto di vista della salute e sicurezza, e la mia osservazione che semmai dovrebbe essere il cavo di Steve a doverle delle scuse non aiuta.
Steve cerca di ragionare con lei, e le dice che non ci eravamo accorti che --
Lei contrattacca che ci importa solo di quei ** di computer, noi maschi di ** e **, potessimo andare tutti a fare in **, ** ** e **.
L’incidente ha comportato per lei mettere avanti il piede destro subito dopo il sinistro, e ora ci sta accusando che ha rischiato la vita per colpa nostra.
Tra i suoi insulti, le chiedo se non le sembri di esagerare un po’, e allora vedo in lei una netta somiglianza con Scilla, di Scilla e Cariddi.
Si toglie gli occhiali, urla NON STO ESAGERANDO!! E li scaraventa sul mio computer.

A colpirmi davvero in questa faccenda non è la sua reazione per considerare un cavo del computer un pericolo mortale dal punto di vista della salute e sicurezza, ma che Steve dica che ha ragione.

L’Inghilterra tiene in grandissima considerazione la salute e la sicurezza, probabilmente perché ogni occasione è buona per denunciare qualcuno, così si arriva agli eccessi che ho già descritto nel post Insultate la nostra intelligenza.

Le spine inglesi hanno 3 buchi a triangolo, in cui il dente più in alto serve a fare contatto. Senza la giusta spina, l’apparecchio non funziona (per esempio i rasoi elettrici comperati in Italia).
Questo è un dispositivo di sicurezza, ed è intelligente. Ogni spina ha anche un interruttore, ed è un’ulteriore precauzione intelligente. Ma quando una volta ho inserito il mio computer in una presa della biblioteca, mi hanno detto che dovevo richiedere un adattatore di sicurezza (la terza precauzione), e allora inizia a essere fanatismo.

Un’attenzione del genere succede anche nelle case, dove in bagno non ci sono spine elettriche.
Il motivo è che il vapore quando ci si fa la doccia potrebbe provocare un incidente, e sarei interessato a sapere cosa ne pensano gli elettricisti italiani.
Così nei bagni inglesi gli interruttori per accendere la luce sono solo a cordicella, e per asciugarsi i capelli o farsi la barba con un rasoio a corrente continua bisogna andare in un’altra stanza.

C’è altro: le luci in casa. Ormai ho cambiato un buon numero di case e coinquilini, e le luci rimangono sempre accese. In casa c’è una specie di guerra fredda tra i miei coinquilini e me, io le spengo, e loro le accendono.
Dopo tanto tempo ne ho capito il motivo: salute e sicurezza. Camminare al buio nell’appartamento sarebbe rischioso.
E posso capire tenere una luce accesa per avere una guida di notte, per esempio in salotto, o in bagno, ma tutte le luci?
Succede la stessa cosa per il rubinetto in bagno, che la mattina trovo quasi sempre un po’ aperto, ma per quello non ho ancora una soluzione.

Prima di Natale era apparsa la notizia che a una donna che raccoglieva fondi da 20’anni per un’associazione benefica vestita da aiutante di Babbo Natale quest’anno è stato impedito di travestirsi, perché ciò le avrebbe impedito di indossare il giubbino catarifrangente, e quindi rappresentando un pericolo per la salute e sicurezza.

Beh, ma se il giubbino serve per attirare l’attenzione, un vestito da elfo fa il lavoro, no?

23 gennaio 2008

L’INCUBO DI APRIRE UN CONTO

Sono arrivato a Londra 2 anni fa, e per aprire un conto in banca avevo bisogno di un lavoro.
Per avere un lavoro avevo bisogno di un conto in banca.

Mi ricordo delle giornate passate a fare la fila in banca per aprire un conto, per parlare con un impiegato gentile e sorridente, che mi diceva che non era proprio cosa.

Il mio primo lavoro qui è stato fare i panini in un McDonald’s, e quando finalmente ho avuto la lettera del datore di lavoro e sono andato alla Barclays per aprire il conto, un impiegato, ancora prima di arrivare allo sportello, l’ha presa, ha raschiato il marchio con l’unghia, e mi ha detto che non potevano fare niente per me, perché il marchio era stampato con una stampante, e non su carta intestata.

2 anni dopo sto aprendo la mia casa di produzione, e a pensare di dover ricominciare tutto il percorsoper avere un conto per la compagnia, mi viene voglia di lasciar perdere e tornare a fare panini.

C’è solo una cosa che mi conforta: in 2 anni a Londra sono diventato molto più duro.

Così vado dall’uomo all’accoglienza per spiegargli le mie intenzioni, e lui attacca con la solita cosa che servono un sacco di documenti, firme, permessi, garanzie ecc., e mi dice che per ora non possono fare niente per me, e di tornare quando avrò tutte queste cose.

Dico:
- Va bene, allora può darmi solo una brochure informativa, come questa? (facendogli vedere una bellissima brochure della HSBC).

Mi ha fatto subito parlare col responsabile.

19 gennaio 2008

L'INGHILTERRA HA CENSURATO FRIENDS

Tempo fa ho lavorato in una compagnia di postproduzione in cui tra le altre cose facevano il controllo qualità di programmi televisivi e film per aziende importanti come BBC e Paramount.

Si tratta di guardare programmi e film, e riportare distorsioni nel video e nel sonoro, scene di violenza, parolacce, sesso, che possono essere considerate offensive in qualche altro modo, per esempio religioso, o pericolose perchè possono essere emulate, per esempio se un ragazzo entra in un supermercato con una pistola nei pantaloni.

L’Inghilterra trasmette da anni la serie televisiva Friends, almeno 4 episodi al giorno, e anche se appena finisce la decima serie ricominciano dalla prima senza fermarsi, è sempre molto seguita.

Friends è stato il mio primo vero insegnante di inglese, quando sono arrivato in Inghilterra, e direi che conosco certi pezzi praticamente a memoria.

La puntata che guardo ora è tutta improntata sul sesso: Ross non fa sesso da mesi, e chiede a Joey una mano, perché la sera ha un appuntamento importante.
Joey gli racconta una storia romantica infallibile, che Ross dovrà raccontare alla donna per farla cadere ai suoi piedi, ma quando è il momento, Ross la racconta male, e il suo progetto salta.
Ross va a casa di Joey, che gli chiede com’è andata. Ross dice Oh, bene, infatti ora sono nel mio appartamento a fare sesso!, e poi gli dice che la storia fa schifo e non funziona.

Ma sono incredulo, perchè la battuta di Ross che ho messo in corsivo è stata tagliata.
È l’1.00, e nella Londra perbenista alcune persone devono averla considerata offensiva o pericolosa per l'orario in cui viene trasmesso l'episodio.
All’interno di una puntata tutta sul sesso.

Non ci posso credere, l’Inghilterra ha censurato Friends.

16 gennaio 2008

COME FARE UN BUON CURRICULUM

Da quando sono arrivato a Londra, circa 2 anni fa, c'è una parola in cui mi imbatto ogni volta che si parla di cercare un lavoro: mentire. Questo è stato il primo consiglio che un consulente del lavoro mi ha dato, la prima volta che sono entrato in un job center.


Qualcuno sostiene che non si tratti di vere e proprie bugie, ma di abbellire la verità. Per altri, invece, bisogna proprio spararle grosse.

Ma la cosa incredibile è che succede la stessa cosa anche al contrario, per chi offre lavoro.

In questi giorni sto cercando un assistente, e ho scritto alcuni annunci su siti specializzati, ma tra le regole che bisogna seguire (pena la non pubblicazione dell'annuncio) non si devono specificare sesso ed età della persona che stai cercando.

La paga sarà bassa, ma in circa 24 ore da quando ho postato l'annuncio su internet, mi hanno risposto in 75.

Non guardo molto i curriculum, perché so che sono pieni di bugie. Leggo più che altro le lettere di accompagnamento.

Capisco la leggendaria paura di offendere tipica della cultura inglese e il loro senso del politicamente corretto, ma facciamo finta che io abbia un negozio, e stia cercando una giovane commessa. Per quale motivo dovrei dare false speranze a un uomo di mezza età, che spreca il suo tempo rispondendo a un annuncio per cui non ha nessuna possibilità, quando potrebbe dedicare più energie a quello successivo?

Insomma, non sarebbe più umano e rispettoso mettere tutte le informazioni, invece di scartarli senza neanche leggere le loro e-mail?

Sono l'unico a trovare questo modo di fare offensivo?

Mi sento particolarmente coinvolto, per tutti i curriculum che ho mandato in questi 2 anni, ricevendo cortesi risposte che mi ringraziavano per aver applicato, e continuavano con Sfortunatamente...

E dopo che ricevi 3, 4 lettere di Sfortunatamente al giorno, inizia a crescere un misto di rabbia e frustrazione che ti porta a fare cose strane.

Tempo fa lavoravo con una compagnia in cui mi occupavo di ricerche tra i consumatori, per capire quali fossero le falle di alcuni prodotti e come migliorarli.

Dopo una settimana, io e i miei colleghi ci siamo accorti che quello che in realtà facevamo era spionaggio industriale, per capire quali fossero i punti di forza della concorrenza e copiarli.

Ero inorridito da tutte queste bugie: le bugie che bisogna scrivere sul curriculum, quelle da dire al colloquio di lavoro, le bugie che ricevevo ogni giorno, dicendomi che sfortunatamente ci sono dei candidati con un profilo che si avvicina di più a quello che cerca il loro cliente, e ora le bugie che la stessa compagnia per cui lavoravo mi costringeva a dire, con l'inganno.

Così ho aggiornato il mio curriculum, e ho messo:

Campo: Spionaggio industriale
Compiti principali: Mentire, carpire la fiducia dei consumatori, estorcere con l'inganno il maggior numero di informazioni.

Quel giorno sono stato contattato da 3 agenzie.