29 novembre 2007

UMORISMO INGLESE

Se c'è una frase che può riassumere Londra più di ogni altra, è Mind the gap [Attenzione al dislivello].

Nata per ricordare ai passeggeri di fare attenzione allo spazio che c'è tra il vagone della metropolitana e la piattaforma, ora è un tormentone, sia tra i turisti, sia per chi vive qui.
I negozi di souvenirs sono pieni di tazze con questa scritta, chi si lamenta con un amico per il suo lavoro sottopagato, rispetto a chi guadagna cifre spropositate, si sente dire Eh, mind the gap. La differenza tra chi vive in quartieri belli e chi sta in brutte zone, chi mangia in ristoranti di classe e chi in fast food, chi si veste bene e chi no, chi fa un lavoro piacevole e chi si spezza la schiena, tra un telefilm bello e uno brutto, è tutto gap: Mind the gap.

Dal 1999 la voce ufficiale di Mind the Gap è Emma Clarke, che ha prestato il suo talento anche per la maggior parte degli altri annunci nelle stazioni della metropolitana di Londra.

Qualche giorno fa è uscita la notizia che ha registrato alcuni finti annunci per la metropolitana, e li ha pubblicati sul suo sito.

Per chi capisce l'inglese e conosce un po' Londra, consiglio di andare su questa pagina, e farsi un giro sul sito: è molto divertente.

Di seguito riporto quelli che mi sono piaciuti di più:

  • Il passeggero con la maglia rossa che fa finta di leggere il giornale, ma che in realtà guarda il petto di quella donna è pregato di smettere: non inganni nessuno, pervertito.

  • Si fa notare ai passeggeri che lo zaino del signore con la barba contiene solo alcuni panini e una tessera della biblioteca, e non c’è motivo di preoccuparsi.

  • Il passeggero con il vestito a righe e gli occhiali da 1.000 sterline che ovviamente lavora nei media è pregato di fare un passo avanti verso il binario, quando passa il treno. Grazie.

E ora la mia preferita:

  • Si ricorda ai passeggeri che come tutti gli artisti specializzati nella voce fuori campo, probabilmente sono molto lontana da come mi immaginate, e la realtà potrebbe essere un po’ deludente.
Dopo che è uscita la notizia di questi finti annunci, Emma Clarke è stata licenziata.

COME FANNO I COMPROMESSI GLI INGLESI


Malgrado ormai sia a Londra da 2 anni, la mentalità degli inglesi continua a stupirmi.

Kirsty Oldfield è una ragazza di 17 anni, i cui genitori sono mancati a poca distanza l'uno dall'altro. Lei cerca di superare tutte le difficoltà, ma i suoi problemi economici le stanno impedendo di continuare a studiare.

Fino a poco tempo fa prendeva un sussidio, ma visto che lavorava part time in un ristorante, gliel'hanno tolto.

Il suo consulente per il sussidio ha consigliato alla 17enne di farsi mettere incinta, ma lei vuole studiare psicologia, e considera questa soluzione come sprecare la sua vita.

Questo, a quanto pare, è il modo in cui gli inglesi intendono un compromesso.

Mi colpisce l'indifferenza con cui chi ha scritto l'articolo riporta il consiglio che quel professionista (e persona di cui lei si dovrebbe fidare) le ha dato, invece di scrivere in stampatello il suo nome e dargli pubblicamente dell'idiota.

11 novembre 2007

MIGRANTE PER FARE CINEMA

Di seguito riporto l'intervista che Riccardo Santagati mi ha fatto di recente, pubblicata venerdì 9 novembre 2007 su La Nuova Provincia.

Potete trovare l'originale clickando l'immagine a fianco, o qui.


L'avventura di Bartolo Ansaldi, regista e scrittore astigiano
di Riccardo Santagati


Bartolo ha un grande obiettivo, lavorare nel cinema e diventare uno scrittore di successo. Astigiano, 26 anni, una laurea in tasca e tanti lavori alla spalle (tra cui una collaborazione con l’emittente radiofonica Primaradio), un giorno decide di fare la valigia e buttarsi a capofitto in un'avventura, lasciando l’Italia per trasferirsi a Londra, dove i sogni, se ci si crede davvero, possono diventare realtà.
Straniero in una terra dove nessuno ti regala nulla, Barty sperimenta le difficoltà che tanti migranti vivono venendo in Italia per realizzare le proprie aspirazioni.
Sono passati oltre 2 anni dalla partenza di Barty e ora, dopo aver scritto e diretto il suo primo cortometraggio e aver terminato un romanzo, torna regolarmente adAsti a trovare la famiglia ma con l’intenzione di continuare la sua avventura inglese dove l’aspettano nuovi emozionanti progetti.
Abbiamo incontrato Bartolo durante una breve vacanza trascorsa recentemente in città.

Dai tempi di Primaradio ne è passata di acqua sotto i ponti. Cosa ricordi di quel periodo?
La radio mi ha dato le basi che volevo, soprattutto il contatto con gli ascoltatori, la gente e il pubblico. Lavoravo alla regia di un programma che parlava di cinema e l’argomento mi aveva incuriosito così tanto che decisi di tentare quella strada. In Italia non è stato facile. Ogni volta che toccavo l’argomento mi sentivo rispondere che era difficile, impossibile, che bisognava avere le giuste conoscenze. Impossibile? Non era quello che volevo sentirmi dire e dovevo trovare il modo di provarci.

Perché ti dicevano che era impossibile?
Chissà la solfa era sempre la stessa: con tutti quelli che ci sono figurati se vanno a prendere proprio te.

Dopo la radio cosa hai fatto?
Ho lavorato in molti settori. Sono stato impiegato nella vendita di prodotti per una famosa marca di aspirapolveri e lì mi hanno insegnato a vincere la timidezza e ad affrontare gli estranei. Poi ho lavorato in un villaggio turistico come tecnico del suono. Ero impegnato per 18 ore al giorno in questo piccolo mondo. E’ stato allora che ho sentito che mi mancava qualcosa, una preparazione culturale più completa e quindi, nel 2001, mi iscrissi all’Università di Trieste dove ho seguito un corso di studi per 3anni, ho lavorato per Radio Attività e per un importante ufficio stampa, “Volpe e Sain” che ha rappresentato un’esperienza molto significativa.

E l’Università?
E’ stato un periodo bellissimo ma speravo di trovare qualcosa che mi desse più stimoli. Troppa teoria e poca pratica. Così nel 2005 decisi di fare il grande salto e di lasciare l’Italia per trasferirmi all’estero.

Perché hai scelto proprio Londra?
Ho sempre avuto interesse per i media. Il mio scopo era quello di diventare scrittore e regista. Inoltre era il periodo in cui volevo approfondire la mia conoscenza dell’inglese.

Straniero in terra straniera. Cosa hai fatto appena arrivato in quella metropoli? Come te la sei cavata?
Mi sono subito accorto che Londra non è facile per nulla. Cioè se il tuo fine è quello di lavorare nei ristoranti non c’è nessun problema ma per il resto nessuno ti regala nulla, neanche una possibilità. A Londra la concorrenza è disumana. Ci sono migliaia di persone che sanno fare quello che sai fare tu e che cercano di fregarti l’opportunità di emergere. Ho però scoperto che ci sono due cose che amano gli inglesi: un buon curriculum e il networking. Più si fa esperienza da mettere sul curriculum e più aumentano le possibilità di essere presi in considerazione, un po’ come in Italia, ma il networking è ancora più importante. Si tratta di socializzare con le persone giuste durante un evento di un certo rilievo che ti permette di fare nuove conoscenze nel settore dove vorresti lavorare.

A Londra cosa ti ha affascinato nei primi giorni di permanenza?
Mi ricordo che stavo ore in metropolitana a leggere le pubblicità. Le vedevo e le trovavo bellissime. Tra l’altro avevo appena contattato la BBC per chiedere consigli su come entrare nel mondo delle comunicazioni e fui sorpreso nel ricevere una risposta tempestiva e un sacco di documenti utilissimi. Avevo fatto la stessa domanda alla Rai e sto ancora aspettando la risposta.

A Londra hai potuto scrivere il tuo primo libro, “Il Maresciallo”. Di che parla?
L’avevo iniziato in Italia ma l’ambiente londinese mi stimolò la creatività e arrivai a scriverne 60 pagine al giorno. Volevo fare un ibrido tra romanzo e sceneggiatura e ho preso in prestito tante storie che avevo sentito raccontare dai miei amici, mescolandole tra loro con fatti di cronaca vera.
Direi che si tratta di un gangster book, una commedia gangster.

Come sei arrivato a realizzare il tuo primo cortometraggio?
Attraverso il networking ho conosciuto un musicista che mi ha portato alla prima cinematografica di un cortometraggio realizzato da un¹amica. Lì ho trovato persone che mi hanno sostenuto nel progetto e ho iniziato a lavorare a “Who was there” (Chi era, in italiano ndr). La prima grande difficoltà, poi superata con l’ostinazione, fu quella di ottenere i diritti di una canzone cantata da Nancy Sinatra, figlia di Frank. Si trattava di “How does that grab you darlin’?”. Dovevo avere quella canzone altrimenti non avrebbe avuto senso fare il cortometraggio. Ho quindi iniziato a cercare il modo di contattarla e per farlo sono passato da una radio di Roma che era in contatto con il responsabile italiano che cura gli interessi di Nancy Sinatra. Ovviamente questa persona, essendo in Italia, mi rispose segandomi le gambe. Disse che era impossibile avere quei diritti e che contattare la cantante sarebbe stata una cosa assurda. Così, risalendo ai responsabili europei dei diritti, sono riuscito ad ottenere l’uso della canzone per un anno.

Di che parla il tuo corto?
Prevalentemente parla di un tradimento. E’ stato girato a basso budget ed è disponibile su internet gratis. Il film è on line sul sito della casa di produzione che ho fondato con altri colleghi, http://www.bisonproductions.net/. La nostra scelta è quella di sviluppare nuovi progetti, puntando sulle idee che ci vengono proposte, soprattutto dai giovani.

Hai anche lavorato per Discovery Channel, vero?
C’era un'azienda di Londra che cercava un responsabile per curare la promozione in Italia di un documentario sugli Ultras per l’emittente Discovery Channel. Così ho colto al volo l’occasione.

Hai un tuo blog dove poter seguire le avventure londinesi e i prossimi lavori che farai?
Sì, l’ho creato in una notte e mi serve per comunicare con chiunque voglia rimanere in contatto con me o proporre nuovi progetti. Mi trovate all’indirizzo http://ancorabrucia.blogspot.com/

02 novembre 2007

CHI ERA / WHO WAS THERE - SLIDE SHOW

Queste sono alcune foto sul set e dietro le quinte del cortometraggio che ho scritto e diretto, Who Was There - Chi Era.

Sono state scattate da Dylan Woolf e Alina Zardo.







Per chi ne vuole sapere di più, ci sono maggiori informazioni sul sito della Bison Productions di Londra.